Il Café La Mama rinfresca Carlo Gozzi

Debutta il «Corvo», musical della nota troupe americana

Enrico Groppali

da Venezia

È tempo di Carlo Gozzi. Che finalmente, nel bicentenario della sua scomparsa, torna ad interessare i teatranti (non solo di casa nostra) finora insolitamente avari nei confronti del più curioso e controverso tra i patrizi della Serenissima. L’uomo che, in pieno diciottesimo secolo, tra rime baciate, sberleffi sopraffini, Accademie create ad hoc - come quella dei Granelleschi - tenacemente volute per combattere con una penna intrisa d’odio l’avvento di Goldoni, il poeta del popolo minuto, passò la vita impegnato in una battaglia di retroguardia contro il nuovo che imperversava sulle sponde del Canal Grande. È vero che, negli ultimi tempi, alcuni registi da Marcucci al compianto Benno Besson avevano rivalutato l’eccentrico gentiluomo che, consapevole del crollo di un mondo splendidamente attestato tra palazzi di severa bellezza e altane fiorite, fece di tutto per scongiurare le avvisaglie di quel Mondo Nuovo che, alla fine del suo secolo, sarebbe sfociato nella Rivoluzione Francese.
Ma è altrettanto vero che, senza l’intervento risolutivo del neodirettore della Biennale Teatro Maurizio Scaparro, promotore di convegni, mostre, dibattiti e spettacoli allestiti nella cornice lagunare per riaprire un confronto speculare con l’autore dei Rusteghi e della Locandiera adesso non ci ritroveremmo a parlare dell’ozioso e sempiterno distinguo dialettico tra arte progressista e ideologia reazionaria superbamente attestate nell’opera di un artista che persino i marxiani fruitori di Brecht di recente han dimostrato di preferire ai capolavori consacrati di Papà Goldoni. Detto questo, accogliamo con gioia l’inconsueta straordinaria occasione offertaci dalla benemerita compagine newyorchese del Café La Mama che, fatta sua la proposta italiana di allestire quel Corvo che, negli anni Cinquanta, destò al Piccolo di Milano l’interesse di Giorgio Strehler, ci ha presentato una colorita e coloratissima versione di una delle opere maggiori del nostro in chiave di musical.
Memori del successo del Re ed Io che vide a Broadway una star del calibro di Yul Brynner nelle vesti di un principe orientale, nostalgici del Mikado come di quell’opera del dimenticato Leoni, pucciniano di stretta osservanza che, nell’Oracolo, disegnò, impose, caratterizzò con sovrumana perizia una Chinatown che a Gozzi non sarebbe dispiaciuta di certo, il La Mama non ha lesinato in colpi bassi per catturare i consensi ed incantare il pubblico.

Draghi volanti e corvi più neri dei pipistrelli, principi tramutati in marmorei simulacri e fanciulle dagli occhi a mandorla che approdano in regni immaginari dopo essere scampate a uragani degni dello tsunami, Gozzi oggi rivive nella magia di un Teatroscope che non ha nulla da invidiare ai fasti dello schermo hollywoodiano.

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