Roma - Resta in carcere Alexandru Isztoika Loyos, anche se il gip Filippo Steidl ieri non ha convalidato il fermo per il reato di calunnia nei confronti dell’amico Karol Racz, incastrato dalle sue dichiarazioni e arrestato assieme a lui lo scorso 18 febbraio per lo stupro di una quindicenne nel parco della Caffarella, a Roma, il giorno di San Valentino. Rimane in cella, il romeno, inchiodato da una nuova ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice al termine dell’interrogatorio. Per il gip ci sono gravi indizi di reato in relazione alle accuse che il «biondino» ha rivolto alla polizia del suo paese: nulla infatti proverebbe che sia stato pestato e costretto a confessare dopo essere stato imbeccato. Il concreto pericolo di fuga, documentato dal pm Vincenzo Barba nella richiesta di fermo, ha di fatto impedito che Loyos lasciasse Regina Coeli (dove è detenuto anche Racz per la violenza di Primavalle, ndr).
La decisione rimette in discussione le conclusioni del tribunale del Riesame, che ha annullato gli arresti dei due romeni, ritenendo che non avessero nulla a che fare con lo stupro. Il gip Steidl, invece, non se la sente di affermare che Loyos e Racz non siano in qualche modo coinvolti nella violenza compiuta alla Caffarella. Quindi Loyos, accusando il suo connazionale, potrebbe non averlo calunniato. La situazione sarebbe ancora troppo fluida per stabilire che i due immigrati non abbiano se non altro assistito alla violenza sessuale, o agito da pali, e il fatto che il Riesame non abbia ancora depositato le motivazioni della decisione non aiuta certo la valutazione. «Il quadro - scrive il gip - non presenta la necessaria chiarezza non potendosi escludere una loro partecipazione al fatto con un ruolo diverso da quello descritto». Il giudice, dunque, ritiene di non aver elementi per dire che Loyos ha calunniato l’amico. Indizi ci sono, invece, e pure gravi, per dimostrare che il romeno ha calunniato la polizia romena. «Risulta smentita l’ipotesi che il fermato - si legge nel provvedimento - sia stato indotto da alcuni poliziotti romeni, con violenza e pressioni psicologiche, a rendere una versione auto e etero accusatoria conforme alle loro aspettative, a seguire cioè un copione dagli stessi già preparato». Nel denunciare la tortura subita, infatti, Loyos si è limitato a spiegare come gli investigatori lo avrebbero indottrinato su alcuni dettagli della violenza (i vestiti indossati dalla vittima e le modalità dei rapporti), tralasciando di spiegare come lo avrebbero imbeccato su molti altri particolari da lui forniti nell’interrogatorio del 18 febbraio («il pugno dato al fidanzato, il provento della rapina, l’utilizzo dei fazzoletti per pulirsi, l’avere egli fumato delle sigarette e l’avere entrambi costretto il giovane a guardarli durante la consumazione del rapporto»). Il gip sottolinea poi l’assenza sul corpo di Loyos di qualsiasi traccia che possa far pensare al pestaggio denunciato e ricorda di come l’interrogatorio si sia svolto nella massima calma e tranquillità («Loyos ha mostrato una genuina spontaneità, poco compatibile con l’atteggiamento di chi è chiamato a recitare un copione»). Amareggiato l’avvocato Giancarlo Di Rosa, che si prepara a impugnare il provvedimento davanti al Riesame.
Sul fronte delle indagini, intanto, i primi sette test del Dna sui familiari di Loyos e su Ciprian Cioschi, il romeno senza tre dita che venne
riconosciuto per primo dal fidanzato della vittima, hanno dato esito negativo. Cioschi, rintracciato nei pressi di Botosani, si è difeso sulle pagine di un giornale romeno: «Sono innocente, il giorno dello stupro ero a casa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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