
Ieri abbiamo seguito con preoccupazione la conferenza a Bruxelles sulla competitività dell'Europa in cui Mario Draghi ha detto che «l'Ue si trova in una situazione difficile». «Il nostro modello di crescita sta svanendo». «Le vulnerabilità stanno aumentando». «L'inazione minaccia la nostra stessa sovranità». Mentre lo ascoltavamo vedevamo già i titoli dei giornali di stamattina: «La sferzata di Draghi». «Draghi suona la sveglia all'Ue». «Lo schiaffo di Draghi». «Draghi bacchetta la Ue». «L'allarme di Draghi». Solo il giornalismo è più prevedibile della politica.
Comunque. Noi restiamo convinti che Draghi dica sempre cose di buon senso. Per quanto se qualcuno avesse detto anni fa quello che lui dice oggi che l'Europa è fragile, che è divisa, che è lentissima si sarebbe preso dell'euroscettico. O del sovranista.
Insomma, alla fine Draghi - Presidente della Bce, premier per quasi due anni, uno dei grandi artefici del progetto di integrazione europea - con il suo simpatico inglese fluente affossa in un colpo solo: il suo stesso modello di crescita, la famosa agenda, il Green Deal e l'Europa burocratica, tutto in perfetta antitesi rispetto a quello che ha fatto in questi anni come burocrate in Europa.
Noi stimiamo molto l'uomo.
Un po' meno quell'aria che assume da passante indispettito quando vede dei lavori malfatti. Che ha diretto lui.Forse è per questo che è il politico italiano più presentabile nel mondo. Perché, dopo averci fatto digerire i fallimenti di Draghi, ci propone sempre scrupolosamente una cura Draghi per uscirne.