
Gentile Direttore Feltri, dice il Papa: «Nel mondo troppi divari di reddito, guardate Musk». Finora giustamente molto prudente nel parlare, ecco una dichiarazione che il Santo Padre poteva forse evitare. Perché non è questo il punto. Sarà sicuramente come dice, però gli andrebbe ricordato che il patron di Tesla ha creato centinaia di aziende, e decine di migliaia se non centinaia di migliaia di posti di lavoro. Stessa cosa ha fatto Jeff Bezos, con Amazon: nel mondo oltre 1,5 milioni di dipendenti. Le imprese e le aziende non le creano certo gli impiegati o gli operai con i loro modesti redditi, ma piuttosto le persone molto ricche, trovo sbagliato stigmatizzarle facendone solo una questione di divario di reddito: è del tutto normale che, movimentando grosse quantità di denaro, le loro ricchezze siano elevatissime. Non ha senso paragonarle ai redditi di normali lavoratori. Del resto, non sono mancati i precedenti: si pensi a Bill Gates che a suo tempo creò l'impero della Microsoft, e che negli anni 90 era ritenuto l'uomo più ricco del mondo. Nessuno, mi pare, che allora lo criticasse per questo, inoltre ha fatto pure beneficenza per miliardi. Il Papa stesso, infine, è un monarca assoluto di uno Stato ritenuto il più ricco del mondo, e lui stesso dispone sicuramente di ricchezze personali mai quantificate. Papi, vescovi e cardinali: non vivono forse nel lusso? Gradirei un Suo commento in proposito. Grazie.
Mario Cavallari
Bologna
Caro Mario,
concordo in pieno con il tuo ragionamento. È ormai diventata una moda da salotto progressista inveire contro i ricchi e contro chi ha avuto la capacità, la visione e il coraggio di costruire imperi imprenditoriali. Nel mirino c'è oggi Elon Musk, ma ieri c'erano Bill Gates, Jeff Bezos, Steve Jobs e pure Silvio Berlusconi nonché altri uomini che, con le loro idee, hanno creato ricchezza vera, posti di lavoro, progresso tecnologico e benessere diffuso.
Queste persone non hanno tolto nulla a nessuno. Non hanno rubato, non hanno truffato, non hanno evaso (al contrario, pagano più tasse di interi Paesi), eppure vengono trattate come colpevoli di un crimine, soltanto perché guadagnano tanto. Ma che reato è, la ricchezza? Questa retorica anti-ricchezza, da cui non è immune la Chiesa, è un veleno ideologico ereditato dal comunismo, che ha sempre visto nel denaro una bestemmia e nei ricchi dei nemici di classe da abbattere. Un tempo bastava avere una casa di proprietà e una macchina per essere additati come borghesi. Oggi è sufficiente avere successo. E la sinistra benpensante, che ha perso ogni riferimento culturale serio, continua ad attaccare chi produce valore, mentre difende chi pretende il reddito di cittadinanza stando sul divano o chi occupa abusivamente la proprietà altrui.
Il denaro non è lo sterco del diavolo, come amano ripetere certi predicatori in tonaca o in giacca di velluto. Il denaro è lo strumento che permette alle persone capaci di costruire, ai sogni di diventare aziende, alle idee di diventare lavoro per altri. Prendiamo proprio Musk, il bersaglio del giorno: ha rivoluzionato l'industria dell'auto, lo spazio, l'intelligenza artificiale, l'energia, i trasporti, la comunicazione. Cosa si rimprovera a uno così? Di essere troppo bravo? Di guadagnare in proporzione ai risultati?
E poi c'è la più ipocrita delle obiezioni: «Ma ci sono troppi divari di reddito!». Certo, è ovvio. Ma un chirurgo non guadagna come un impiegato e un genio che crea SpaceX o Amazon non può guadagnare come il bidello di un liceo. Non è disuguaglianza, è giustizia del merito.
Quanto al Papa, rispetto ovviamente il suo ruolo e le sue parole, tuttavia lo inviterei a guardare anche dentro le mura vaticane, dove il lusso non manca, dove cardinali e vescovi non vivono certo di stenti, e dove gli immobili e le ricchezze del patrimonio vaticano superano di gran lunga qualunque modesto patrimonio borghese. Nessuno ne fa scandalo. E meno male. Insomma, basta con l'odio per chi ha successo. In Italia dovremmo ringraziare ogni giorno gli imprenditori, grandi o piccoli, che rischiano, assumono, investono, producono. Invece li trattiamo come truffatori, mafiosi, sfruttatori. È una forma di ingratitudine nazionale, oltre che un suicidio economico.
Onore a chi lavora, a chi crea, a chi fa.
E un invito, gentile ma fermo, a chi predica la povertà come se fosse un valore in sé: smettetela di vedere la ricchezza come un peccato.
Perché se davvero la povertà fosse la virtù suprema, allora dovremmo vivere tutti in un monastero e camminare a piedi nudi. Ma sospetto che nessuno, nemmeno i moralisti da prima serata, sia disposto a rinunciare al suo stipendio.A essere sporco e indigesto è sempre e soltanto il benessere altrui, mai il proprio. Ci hai fatto caso?