Al Cairo è caccia aperta agli occidentali

I sostenitori di Mubarak aggrediscono per strada giornalisti e operatori umanitari e prendono d’assalto gli alberghi che li ospitano. Uno straniero assassinato in piazza Tahrir e altri due feriti gravemente

Al Cairo è caccia aperta agli occidentali

Il Cairo - L’ospedale da campo creato dai manifestanti a due passi dalla piazza Tahrir è pieno di feriti. È stato organizzato all’interno di una piccola moschea nel centro del Cairo. A pochi passi da qui, mercoledì, i sostenitori del presidente Hosni Mubarak e i manifestanti anti-regime si sono scontrati fino all’alba. Anche ieri ci sono state sassaiole e violenze, ma limitate rispetto alla battaglia del giorno prima, quando i soldati sulla piazza erano rimasti a guardare. «Cosa possono fare? Siamo egiziani da una parte e dall'altra», dice un signore, sceso in strada contro il regime assieme al figlio adolescente. Ieri, invece, i militari sono intervenuti diverse volte per evitare lo scontro diretto tra i due fronti. E in alcuni casi sono entrati in azione anche quando è iniziata la caccia allo straniero: cronisti, fotografi e operatori americani, inglesi, svizzeri e di altre nazionalità hanno raccontato d’essere stati obiettivo di aggressioni da parte di gruppi di sostenitori di Mubarak. I cecchini sparano in piazza. Picchiato a morte uno straniero. Un reporter greco è stato colpito a una gamba con un cacciavite e uno svedese risulta ferito gravemente. Due giornalisti turchi sono stati aggrediti e olandesi minacciati. La corrispondente del Washington Post è stata arrestata e rilasciata in serata. Anche alcuni attivisti per i diritti umani sono stati presi di mira. Tra loro, Daniel Williams, il marito di Lucia Annunziata: «Ho perso i contatti con mio marito ieri mattina - ha detto la giornalista italiana - Quindi ho sentito Human Rights Watch che mi ha dato la notizia dell’arresto». Le intimidazioni contro i giornalisti stranieri arrivano proprio alla vigilia di un'altra grande manifestazione indetta dall'opposizione: «Stavamo quasi per prendere in considerazione l'offerta del regime di negoziare - dice al Giornale Shadi Taha, portavoce di Al Ghad - dopo i fatti di mercoledì abbiamo cambiato idea». Mentre parla, la piazza è ancora teatro di scontri. All'ospedale di campo, infatti, continuano ad arrivare feriti: i pazienti sono stesi sui tappeti da preghiera. Alcuni hanno bende sul viso e sulla testa. «La maggior parte delle persone è stata colpita da sassi e bastoni», dice un giovane dottore, Adel Ghoneim. Attorno a lui, tanti altri medici raccontano di essersi precipitati in piazza per aiutare i manifestanti. E sono decine le persone che arrivano con sacchetti pieni di medicine. Mariam e Manar sono due sorelle di 34 e 28 anni. Una lavora in banca e l'altra è un architetto. Sono passate dalla farmacia prima di venire in piazza a protestare, come fanno ogni giorno dal 25 gennaio. All'entrata dell'ospedale c'è la sicurezza formata dall'opposizione. Controllano documenti e borse, per evitare che qualcuno entri armato. Mercoledì, i sostenitori pro Mubarak hanno fatto irruzione nella piazza Tahrir a cavallo e con i cammelli, usando frustini, bastoni e spranghe contro la folla che da giorni protestava pacificamente. Subito dopo sono iniziati gli scontri, le sassaiole, il lancio di molotov, gli spari. Secondo il ministero della Sanità egiziano ci sarebbero otto morti.
Il giorno dopo la battaglia, midan Tahrir porta i segni delle violenze. Centinaia di manifestanti anti-regime sono ancora in strada. Le entrate della piazza sono protette: c'è una prima fila di controlli organizzati dai civili; ci sono i blindati dell'esercito e poi le barricate formate da pezzi di metallo e automobili bruciate. Dietro, un altro cordone di manifestanti. Ai loro piedi, mucchi di sassi per rispondere agli attacchi. In piazza, sono decine le persone che portano i segni della battaglia. L'uomo ha la fronte fasciata. Racconta di essere stato ferito durante una sassaiola come Nidal, un giovane commercialista che ora dice: «Sono stati i provocatori di Mubarak, hanno assalito una protesta pacifica". I movimenti politici e i cittadini che da giorni manifestano nel cuore del Cairo accusano il regime di aver orchestrato gli scontri. Nella notte, gli organizzatori della protesta hanno fatto prigionieri sostenitori del regime. Ai giornalisti ieri mattina mostravano le carte d'identità trovate addosso ad alcuni di loro: molti sarebbero membri della polizia. Il dubbio è sorto anche alla Casa Bianca: "Se queste violenze sono in qualsiasi modo istigate dal governo devono essere fermate immediatamente».

Il portavoce dell'esecutivo, Magdy Rady, ha detto alla Reuters che il coinvolgimento delle autorità negli scontri è «fiction». E che il regime non ha niente a che vedere con le decine di violenti attacchi contro gli stranieri avvenuti ieri.

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