Gian Marco Chiocci
nostro inviato a Cosenza
Sulla scrivania del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, sono mesi che dorme la relazione dell'ispettorato generale sulle guerre intestine fra magistrati calabresi. Nell'ottobre scorso una trentina di parlamentari hanno chiesto spiegazioni sul silenzio di quelle 145 pagine che il Guardasigilli dovrebbe andare a rileggere con una certa urgenza alla luce di quanto sta accadendo tra Cosenza e Catanzaro dove Ennio Morrone, deputato del suo partito (Udeur) è stato intercettato nel carcere cosentino mentre rassicura il consigliere regionale dei Ds, Franco Pacenza, sul fatto che il gip sarà presto cambiato e che dunque il processo andrà a farsi benedire.
La lettura del documento risulterebbe interessante per svariati motivi. Innanzitutto perché, nelle more della conversazione registrata, Morrone fa riferimento a un intervento suo e di altri esponenti di centrosinistra direttamente sul procuratore capo Alfredo Serafini, il cui nome compare nel dossier degli 007 di via Arenula a proposito degli scontri tra due fazioni di giudici, avvocati e poliziotti legati fra loro da vincoli professionali o di parentela, capeggiate, diciamo così, dal pm Eugenio Facciolla e dal collega Vincenzo Luberto.
In secondo luogo perché proprio a Cosenza, al tribunale, esercita la figlia del parlamentare, Manuela Morrone. Testuale da pagina 103 della relazione, capitolo dedicato all'audizione del pm Facciolla, teste prezioso degli ispettori: «Suscettibile di valutazione ai fini dell'incompatibilità è il rapporto che lega la dottoressa Morrone, giudice del tribunale penale di Cosenza, con il dottor Dodaro, marito della stessa e capo della Squadra Mobile di Cosenza» nonché «figlia di Ennio Morrone, imprenditore e politico, già assessore alla giunta regionale calabrese. In forza di questi legami - prosegue il pm - la dottoressa Morrone è attratta nell'influenza dell'avvocato Sergio Calabrese, il che è ancora più preoccupante laddove si consideri che Ennio Morrone è a sua volta imputato o indagato in due procedimenti per reati legati alla sua attività di amministratore ed è difeso proprio da questo avvocato».
Il pubblico ministero-gola profonda rivela ancora che l'avvocato Calabrese è sia «cognato della moglie del procuratore Spagnuolo» sia in rapporti «di affinità con il dottor Dodaro», genero di Morrone, «essendo Dodaro nipote di sua moglie», fra l'altro indagato a Salerno insieme al pm Luberto per le dichiarazioni del pentito Giorgio Cavaliere.
Come se non bastasse, insiste Facciolla, Ennio Morrone è stato difeso dall'avvocato Franco Sammarco (nominato anche dal diessino Franco Pacenza al momento dell'arresto) «nel cui studio stava già l'avvocato Paolo Greco, il convivente della dottoressa Isabella Russi della seconda sezione penale del tribunale di Cosenza». Facciolla, e con lui i funzionari del Guardasigilli scesi in Calabria a febbraio 2005, ipotizzano estremi di incompatibilità anche tra «la dottoressa Francesca Marrazzo, giudice del tribunale penale di Cosenza, la cui sorella avvocato lavora presso lo studio dell'avvocato Marcello Manna» già protagonista dietro le quinte - secondo il procuratore Lombardi - del ferocissimo scontro fra la procura di Cosenza da un lato, e la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, dall'altro.
Sfogliando sempre le risultanze della relazione emerge che Manna - già presidente della Camera Penale di Cosenza - si era contraddistinto per una contrapposizione forte nei confronti del pm Facciolla, di cui criticava alcuni comportamenti professionali nella gestione dei fascicoli e dei pentiti, comportamenti esaminati dai funzionari ministeriali e al dunque risultati corretti. Stando sempre alla definizione che di alcuni avvocati cosentini ha dato il procuratore Lombardi, «tra i protagonisti di fatti censurabili penalmente» oltre a Manna emergevano due noti legali: Tommaso Sorrentino, avvocato, professore universitario, che per Facciolla è «legato a Franco Piperno» e nel corso degli anni «è riuscito a far avere una cattedra di informatica giuridica (o comunque di materia analoga) al dottor Mario Spagnuolo (oggi procuratore aggiunto a Catanzaro, ndr) almeno a far data dal 1990. Sorrentino - insiste il supertestimone il 6 giugno 2005 - è imputato per calunnia nei miei confronti insieme a Domenico Barile, imprenditore e politico di Cosenza, cognato di (...), moglie del collega Luberto, il quale ha anch'egli incarichi universitari, ed è in rapporti stretti con Spagnuolo tanto da svolgere una sorta di uditore volontario presso di lui quand'era pm a Cosenza».
Altro caso - conclude Facciolla - riguarda «l'avvocato Cribari, a sua volta legato da rapporti di parentela o affinità allargata al procuratore capo di Cosenza, Alfredo Serafini». Quello a cui, secondo l'onorevole Morrone, bisognava rivolgersi per sbrigare la pratica Pacenza.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.