nostro inviato a Pechino
La prima volta è transitato da solo lungo la mix zone, che non è un cocktail bensì il luogo dove gli atleti incontrano i loro peggiori nemici: cioè i giornalisti. Alto, sudato, comunque veramente felice per largento appena conquistato nella finale taekwondo 80 kg, Mauro Sarmiento sembrava però un uomo distratto. Sì, ha detto, «ho fatto una gran gara, sono persino riuscito a dare un calcio in testa al mio avversario, è una grande soddisfazione, lui è un mito, è il più forte del mondo» ma i suoi occhi vagavano in giro, alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Insomma, non era lui, era come se gli mancasse un pezzo di sé. Così, ha risposto stancamente allinfilata di domande strappa lacrime e strappa riflessione sociale sulla camorra e sui problemi di Napoli e della sua Casoria e sul libro Gomorra e di tutto di più, ma di ben altro avrebbe voluto parlare. Sì, ha detto, «questo è anche un calcio alla camorra, questo è importante per la mia terra», però Mauro voleva parlare solo damore.
Per cui da saggio e calmo praticante di questarte marziale made in Corea, che cosa ha fatto? Ha salutato tutti, è andato a prendersi sul podio la sua strameritata medaglia dietro alliraniano Hadi Saei (vincitore per 6 a 4 sul nostro). Poi, visto che a volte i gesti valgono più di mille parole, è ripassato dalla di cui sopra mix zone abbracciato a lei: Veronica Calabrese, la sua amata, la donna che nel pomeriggio aveva vendicato e che nella sera cinese reso felice portandole come scalpo la medaglia dargento.
Poche ore prima era infatti successo che il ragazzone campano, in semifinale, se la fosse vista con tale Steven Lopez, campione olimpico nonché fratello di altra tale Lopez che il giorno prima aveva tolto il bronzo allamata Veronica. Una questione di famiglia, dunque, risolta con un discreto quantitativo di attributi messi in campo a suon di calci nel sedere e molte urla. Già, le urla. Se cè un suono, un rumore, che riassume alla perfezione larte del taekwondo è indiscutibilmente: «Ah!!!». Fatto sta, con tre esclamativi e calcio dopo calcio, la semifinale olimpica si era decisa a suo favore.
Che fosse stata qualcosa di più di una semplice e combattuta battaglia sportiva lo si è però capito dopo la finale, quando Mauro, sconfitto, ha comunque gioito. Prima, invece, da vincitore su Lopez, aveva pianto. Come se davvero, oltre al gesto atletico avesse messo sul tappeto anche la rabbia e lorgoglio della vendetta. Non a caso, ad argento al collo, dirà: «Questa vittoria è tutta dedicata a lei, ci sposeremo presto, perché Veronica è la mia vita, perché Veronica la vita me lha stravolta». Un amore daltri tempi il loro, nato allombra dei ritiri federali, quegli interminabili ritiri dove gli atleti restano per mesi lontano da casa e magari non ci tornano proprio come per Mauro che ormai trascorre gran parte del tempo allAcquacetosa, nel centro del Coni, dormendo in foresteria con altri atleti. Leggenda narra che Mauro sia talmente ligio al dovere di atleta che quando «galeotto fu il taekwondo» e nacque lamore, ancor prima di avvisare casa, ancor prima di chiedere la mano della ragazza a casa Calabrese, avesse, come dire, informato i tecnici federali che desiderava frequentarla.
Per cui non deve stupire se questo argento che fa felici un po tutti noi italiani è un argento conquistato in due: da lei che ha perso la propria occasione medagliata ma che ha passato il testimone al fidanzato; e da lui che il testimone ha saputo raccogliere e portare in vetta.
«Lo ripeto dirà ancora - metà di questa medaglia e metà del lavoro fatto per arrivare fin qui sono merito di Veronica è suo tutto quel che sono riuscito a realizzare in questa olimpiade perché nessuno mi dava in finale, nessuno lavrebbe immaginato invece ho battuto Lopez e sono riuscito anche a prendere a calci un mito come liraniano un atleta da rispettare». Come emerge dalla frase, la contraddizione in termini fa parte di questo sport.