Andrea Fortunato, un campione morto troppo presto

Il 25 aprile 1995 moriva Andrea Fortunato, terzino della Juventus e della Nazionale. "Nel suo ruolo era davvero fra i migliori", disse di lui Giovanni Trapattoni, che lo volle a tutti i costi alla Juventus

Andrea Fortunato, un campione morto troppo presto

Me lo ricordo bene correre su e giù sulla fascia sinistra, con numero tre sulle spalle, la freschezza e la forza dei suoi venti anni e i piedi ben educati. Andrea Fortunato, terzino sinistro, o per meglio dire, come si diceva una volta, "fluidificante", arriva in prestito al Pisa nel novembre 1991, e vi rimane fino alla fine del campionato. Gioca 25 partite con un ottimo rendimento, che gli vale poi il ritorno al Genoa, in Serie A. All'ombra della Lanterna, versante rossoblu, fa una gran bella stagione, 33 partite e tre gol, che convincono la Juventus a staccare un assegno da dieci miliardi di lire per portarlo a Torino. Fu Giovanni Trapattoni a volerlo, nell'ottica di un ricambio generazionale della sua squadra, che vide arrivare anche, tra gli altri, un certo Alex Del Piero (18enne). "Nel suo ruolo era davvero fra i migliori - raccontò qualche anno dopo il Trap - non soltanto in Italia ma anche in Europa... Aveva tutti i numeri per sfondare".

Purtroppo Andrea non mantenne le promesse. Morì giovanissimo, il 25 aprile 1995, stroncato dalle conseguenze di una leucemia. Gli era stata diagnosticata alla fine di maggio 1994: dopo un'amichevole uscì dal campo distrutto, fisicamente devastato, manco avesse giocato una finale di Champions all'ultimo sangue. Fatti tutti gli accertamenti del caso l'amara verità: leucemia linfoide acuta. E pensare che, pochi mesi prima, il ragazzo era stato pesantemente contestato per il suo andamento altalenante, con una parte della tifoseria che gli aveva rimproverato scarso impegno.

Ricevuta la terribile diagnosi Andrea non si perde d'animo e inizia la battaglia contro la malattia, seguendo una cura sperimentale a Perugia. Dopo alcuni mesi difficili esce dall'ospedale e tutto sembrava procedere per il meglio. Andrea torna nella sua città, Salerno, e poi, nel febbraio 1995, va a vedere la sua Juve in trasferta a Genova contro la Sampdoria. Nel giro di poche settimane le cose precipitano, con un improvviso abbassamento delle difese immunitarie. Il 25 aprile Andrea si spegne per le conseguenze di una polmonite che non gli lasciò scampo.

Dicevamo delle grandi doti atletiche di Fortunato che, unitamente ai piedi buoni, ne facevano un campione. La forza e il fiato gli derivavano forse dall'aver fatto nuoto e pallanuoto, da ragazzo, con il calcio praticato solo come divertimento accessorio. Che ci sapesse fare bene con i piedi se ne erano accorti quando aveva solo 13 anni. Fu a quell'età, infatti, che il giovanissimo Andrea cominciò a fare diversi provini per club importanti di tutta Italia, con il Como che decise di portarlo sulle rive del lago, vedendo in lui un promettente centravanti. Nelle giovanili del club lariano fu arretrato a centrocampo e poi in difesa, sempre sulla fascia sinistra. Sempre in quel ruolo esordì poi in prima squadra, nel Pescara, a soli diciotto anni, in Serie B. Collezionò sedici presenze e mantenne un impegno: si diplomò in Ragioneria. Lo aveva promesso ai genitori: la testa non solo al pallone. Detto fatto. "I miei genitori - raccontò qualche anno dopo - che non mi hanno mai ostacolato nelle scelte, quando sono partito per Como mi hanno chiesto semplicemente di non trascurare gli studi. Promisi, e, natutalmente, mantenni".

Tornato al Como, in C1, sbocciò definitivamente, allenato da Eugenio Bersellini. Una gran bella stagione per i lariani, con la promozione in B sfumata all'ultimo nello spareggio col Venezia. ma ormai Fortunato era un predestinato, così finì al Genoa, che lo prelevò sborsando 4 miliardi. Andrea si trovò davanti un mostro sacro come il nazionale brasiliano Branco, e non poche chance di trovare spazio. Pochi mesi a sgomitare, nelle retrovie, una lite con lo staff di Bagnoli e il giovane terzino partì con la valigia, destinazione Pisa, con lo scopritalenti Romeo Anconetani ben felice di averlo alla sua corte. All'ombra della torre pendente Fortunato ritrovò la continuità, condizione necessaria per dimostrare il proprio valore. Disputò un bel campionato e il Genoa se lo riprese volentieri.

Andrea Fortunato al Pisa
Andrea Fortunato al Pisa (Sestaporta.news)

Del passaggio alla Juve abbiamo detto: dieci miliardi, non noccioline. E un'eredità pesantissima: il "nuovo Cabrini". Andrea, che è sempre stato un ragazzo con la testa sulle spalle, con intelligenza volle mettere le mani avanti: "Mi fa arrabbiare questo paragone con Cabrini, lui è stato il più forte terzino del mondo, vi sembra una cosa logica? A me no, prima di raggiungere i suoi livelli, se mai ci riuscirò, ci vorrà tanto tempo".

Il ragazzo gioca bene e si fa ben volere. Nel settembre 1993 un'altra consacrazione: il ct Arrigo Sacchi lo porta in Nazionale e lo fa debuttare contro l'Estonia, una partita di quelle che contano, valide per le qualificazioni ai Mondiali di Usa '94. Titolare fisso nella Juve, per Fortunato le cose vanno sempre meglio, in una carriera sempre più luminosa. Purtroppo, dopo qualche mese, accade l'imponderabile. Nella primavera 1994, infatti, le sue prestazioni peggiorano. Perde quella brillantezza ed esplosività che aveva sempre mostrato. Lo criticano e lo insultano pure, con cattiveria, rimproverandogli le peggiori cose. Addirittura lo bollano come un "malato immaginario", fischiandolo in campo, sul finire della stagione, e dedicandogli cori di scherno.

La cattiveria figlia dell'ignoranza non conosce limiti. Purtroppo le ragioni di quella crisi non risiedono nello scarso impegno o nella "dolce vita" del ragazzo, magari fosse così. E dopo poco purtroppo si scoprirà l'amara verità.

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