Che allenatore è stato Sinisa Mihajlovic

Ripercorriamo le tappe da allenatore, la "seconda vita" calcistica del serbo Sinisa Mihajlovic

Che allenatore è stato Sinisa Mihajlovic

Provare a descrivere Sinisa Mihajlovic non è esercizio semplice, perché è stato inizialmente un grande campione sul campo, poi un ottimo allenatore una volta appesi gli scarpini al chiodo, ma soprattutto un immenso uomo. Gigantesca la sua caratura come persona, figlio di madre croata e padre serbo, Sinisa era uno con la scorza dura, non aveva paura di niente, nemmeno della leucemia, quella terribile malattia che tre anni fa lo ha colpito e che, oggi, tristemente lo ha portato via. Un guerriero fino alla fine, senza nessun tipo di retorica da sfoggiare. Un padre e figlio esemplare, una guida ed esempio per i suoi giocatori e compagni, uno sportivo da ammirare per tempra e carisma. Provando a tracciare gli ultimi anni della sua carriera, cerchiamo di ripercorrere il Sinisa allenatore, da quando ha indossato i nuovi panni una volta terminata la sua esperienza da difensore goleador.

L’inizio come vice di Mancini

Mihajlovic abbandona il calcio giocato al termine della stagione 2005/2006, quella che vedrà l’Inter scudettata d’ufficio a seguito delle vicende legate a Calciopoli. Mancini, suo compagno di squadra ai tempi della Sampdoria e della Lazio, assunto il ruolo di allenatore lo aveva portato a Milano per averlo in rosa come rinforzo d’esperienza per la retroguardia dei suoi nerazzurri, poi lo conferma come tecnico assegnandogli il ruolo di vice-allenatore, una volta ritiratosi dall’attività sul terreno di gioco. Il serbo non si tira indietro, si fa notare come figura di rilievo su quella panchina, e si intuisce rapidamente che il ruolo di seconda guida di qualcuno è troppo limitante, nonostante ciò resta al fianco del tecnico di Jesi fino all’estate del 2008, quando alla Pinetina arriva José Mourinho. L’Inter con il tandem Mancini-Mihajlovic porta a casa due scudetti e una Supercoppa italiana.

La prima chiamata di Bologna e il volo di Catania

La grande occasione per salire a bordo di una panchina di Serie A arriva presto, nel novembre del 2008, accettando di sostituire l’esonerato Arrigoni alla guida del Bologna. I felsinei entreranno sotto la pelle del duro Sinisa, però ci vorrà del tempo, perché al primo tentativo le cose non vanno affatto bene. In appena ventuno match saranno solo quattro le vittorie, e prima del termine del campionato arriva l'amaro esonero per far spazio a Papadopulo. La stagione successiva, Mihajlovic accetta nuovamente di subentrare in corsa, stavolta però c’è da salvare il Catania. Questo sarà il vero trampolino di lancio del Mihajolovic allenatore, grazie al gioco granitico e alla quadratura della sua formazione, gli etnei si salveranno con il coltello tra i denti, mentre per lui arriva la prima grande chance di guidare una nobile ambiziosa della Serie A: la Fiorentina.

L’amaro soggiorno in riva all’Arno

La Fiorentina dei Della Valle viaggia stabilmente in Europa, ma è vogliosa di una rivoluzione dopo la chiusura del ciclo Prandelli. L’identikit del nuovo allenatore per aprire un’altra stagione luminosa è quello di Sinisa, perché è innovativo, giovane e con una grande fame di successi. Il pubblico viola lo accoglie con festosità e gli dedica il coro: “Sinisa sì, portaci in Champions League”. L’idillio durerà poco, perché l’esigente pubblico della Fiesole non ama il gioco ruspante e poco spettacolare innescato dal serbo, che di risposta si ribella alle critiche. La prima stagione in riva all’Arno si conclude con il nono posto, la seconda si apre con un esonero dopo dieci giornate. Successivamente il tifo viola lo fischierà ogniqualvolta metterà nuovamente piede al Franchi, eccetto per l’ultima occasione nel 2021 col Bologna: Mihajlovic sta lottando con la leucemia da diverso tempo, il suo aspetto è mutato, adesso è più magro, emaciato e indossa spesso una coppola in testa; la grinta però è quella di sempre. Lo stadio intero gli tributerà un applauso fragoroso, lui ringrazierà sentitamente e col cuore. Una pace sancita con l’onore delle armi.

L’amore per la Samp e la chiamata del Milan

Il rilancio per Mihajlovic arriva per merito di una squadra che lo ha consacrato come calciatore: la Sampdoria. Per quattro indimenticabili anni, Sinisa aveva vestito la maglia blucerchiata da calciatore, stavolta, invece, saranno soltanto due sotto alla Lanterna con il nuovo ruolo di “Mister”, ma manterranno inalterata la qualità. Anche in questa occasione entra in soccorso di una squadra pericolante a stagione già iniziata, rimettendo in carreggiata la Samp in un batter d’occhio. La squadra guadagna fiducia e punti sul campo, storico il derby vinto sul Genoa grazie alla zampata di Maxi Lopez, che sarà necessario per terminare poi il campionato al dodicesimo posto. Guadagnato il rinnovo per l’anno successivo, Mihajlovic migliorerà il ruolino di marcia della Samp, sfiorando addirittura l’Europa col settimo posto conclusivo. Per gran parte della stagione si mantiene anche in zone più alte, dal sapore di Champions League, mietendo sul campo vittime illustri quali la Juventus e la Roma. Sarà un addio col cuore in mano e con una lettera d’amore scritta al suo popolo, quello blucerchiato.

mihajlovic

Arriva il momento del grande salto, Sinisa giunge a Milanello per gestire il Milan. Non c'è più la squadra più titolata al mondo, la presidenza Berlusconi ha chiuso i rubinetti e Galliani deve fare i salti mortali per allestire una formazione che resti in alto per rispettare le ambizioni storiche dei rossoneri. Mihajlovic ha un compito difficile, ci mette grinta e passione, ma il matrimonio non convince. Il suo carattere spigoloso, la sua mancanza di gioco spumeggiante decretano una separazione anticipata a poche giornate dalla fine di una stagione deludente. Avrà il merito di lanciare prima di tutti un predestinato di sedici anni: Gianluigi Donnarumma.

Gli anni del Toro e la parentesi Lisbona

Il Torino diventa la nuova casa di Sinisa, anche qui si coltivano ambizioni d’Europa e il suo carattere si sposa bene con la mentalità guerriera dei granata. Il primo anno le cose funzionano bene, anche grazie alle magie del suo conterraneo Adem Ljajic e a un 4-3-3 offensivo e arrembante, ma il treno arresta la sua corsa soltanto un anno e mezzo dopo, nel gennaio del 2018, quando il presidente Cairo lo solleva dal suo incarico dopo una sconfitta per 2 a 0 nel derby con la Juventus. Successivamente Mihajlovic tenta l’esperienza in Portogallo, ma durerà poco meno di dieci giorni. Allo Sporting Lisbona le cose sono caotiche, arriva una nuova presidenza che di fatto sceglie un altro allenatore. Sinisa non disputerà mai una partita coi lusitani.

Bologna come ultima tappa per Mihajlovic

Dopo la prima esperienza poco fortunata, Mihajlovic viene chiamato nuovamente a guidare i rossoblu. Il suo curriculum adesso è molto più pesante e prestigioso, il suo gioco più consolidato e le sue formazioni si contraddistinguono per veemenza e carattere. Saranno quattro anni intensi, fatti di alti e bassi, di emozioni e forti sentimenti. Il serbo si lega alla città e ai suoi giocatori, quando scoprirà di essere malato tutti si stringeranno intorno a lui per dargli forza nel momento più difficile. La sua squadra si amalgamerà ancora di più in nome del proprio mister, che per molto tempo dovrà assentarsi forzatamente per le cure contro la leucemia. Torna in campo con i segni evidenti del suo percorso clinico, lo farà per dare un esempio a tutti, che si può lottare anche contro uno spauracchio del genere, contro la paura della morte.

sinisa mihajlovic

Il Bologna, nel frattempo, si manterrà sempre sopra la linea di galleggiamento, almeno fino al settembre di quest’anno, quando la dirigenza decide di esonerarlo ingiustamente dopo una partenza zoppicante nelle prime cinque partite. Sarà l’ultimo e amaro capitolo della carriera sportiva di Mihajlovic, un momento intriso di cinismo e di vuoti sentimenti. Tra il 2012 e il 2013 guiderà anche la sua nazionale, la Serbia con alterne vicende.

Addio Sinisa, il

mondo del calcio piange uno dei suoi figli più brillanti, un vero guerriero caduto nella più dura delle battaglie. L’Italia si rammarica per la scomparsa di uno straniero diventato più italiano di tanti suoi figli di nascita.

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