Mondo nel pallone

Stella Rossa-Partizan, il "derby eterno" che infiamma Belgrado

Va in scena in Serbia la supersfida Stella Rossa-Partizan: scopriamo cosa c'è dietro il "Derby Eterno"

Stella Rossa-Partizan, il "derby eterno" che infiamma Belgrado

Oggi Belgrado si fermerà per il "Derby Eterno", la sfida calcistica tra le due maggiori squadre della città e della Serbia, la Stella Rossa e il Partizan. Allo stadio Rajko Mitic, "tana" della Stella Rossa soprannominata Marakana, i padroni di casa in tinta biancorossa sfideranno i rivali concittadini bianconeri. Si tratta di una delle sfide calcistiche più accese non solo d'Europa, ma probabilmente di un derby con rara pervasività anche su scala globale. Stella Rossa e Partizan incarnano due anime di Belgrado, della Serbia e della storia della ex Jugoslavia di cui furono, assieme alla Dinamo Zagabria e all'Hajduk Spalato, i dominus calcistici.

La Stella Rossa era ai tempi del comunismo di Tito la squadra del Ministero dell'Interno e della Gioventù Democratica. La narrazione della Stella Rossa, squadra in cui si sono plasmati Sinisa Mihajlovic, Dejan Stankovic e Dejan Savicevic e che ha vinto la Coppa dei Campioni nel 1991, è stata sempre associata alla rappresentazione della squadra come il club del popolo. Questo ha creato un tifo interclassista e a lungo apolitico, espressione di quel dominante nazionalismo serbo, fenomeno composito e trasversale, che solo con gli Anni Novanta, ha portato gli ultras della Stella Rossa, i Delije, sposare sentimenti patriottici, nazionalisti e identitari spiccatamente di destra. I Delije, che prendono il nome dal termine con cui erano conosciuti i serbi in epoca ottomana, hanno costruito una fratellanza ortodossa del tifo sportivo gemellandosi con gli ultras di Olympiakos (Atene) e Spartak Mosca.

Il Partizan, invece, era la squadra guidata dagli esponenti dell'establishment militare dell'esercito partigiano jugoslavo. Il suo emblema storico vedeva la stella rossa del comunismo e della Jugoslavia campeggiare al centro. A fianco di essa, spiccava uno scudo con linee rosse e bianche, e in cima c'erano cinque torce, ognuna rappresentante una delle cinque nazionidella Jugoslavia (serbi, croati, sloveni, macedoni e montenegrini). La squadra ha poi preso nello stemma il bianconero delle maglie, adottato nel 1957 per un regalo da parte del presidente juventino Umberto Agnelli durante una tournee sudamericana. Il Partizan è la squadra di "sinistra" che eredita l'ideologia panslavista della Jugoslavia che fu. E i suoi tifosi, i "Grobari" ("becchini") in serbo sono radicati nella classe media di Belgrado.

Belgrado è una città che nella giornata del derby eterno si ferma. Non mancano gli scontri tra gli ultras, come quelli che funestarono il derby del 1990, quando un 17enne tifoso dei rosso-bianchi morì colpito da un razzo. Domina un clima di fuoco, rovente e che fa sentire, per un giorno, alla capitale serba di essere come il centro del mondo. Anche oggi che la Stella Rossa (66 titoli in tutto nella sua storia) e il Partizan (42) sono fuori da tempo dal gotha del calcio europeo, non mancano di contendersi la primazia cittadina e nazionale. Hanno vinto rispettivamente 19 e 11 campionati yugoslavi, 13 e 16 della Serbia-Montenegro o Serbia post-dissoluzione della nazione socialista.

Dal 1991 a oggi solo una squadra è riuscita a vincere il campionato in Serbia fuori dal duopolio del Derby Eterno. Nel 1996, Željko Ražnatović "Arkan", comandante di truppe paramilitari serbe durante le guerre dei Balcani, assunse la presidenza dell'Oblic e lo guidò, tramite brogli e forzature, alla vittoria del campionato nel 1998. Arkan reclutava le sue truppe, in larga misura, nella curva della Stella Rossa. Perché tutto in Jugoslavia, allora, era politica. E in un certo senso lo è tuttora. Il derby eterno libera le pulsioni che la storia troppo spesso, in Serbia e nei dintorni, ha portato a esplodere in maniera violenta. Si tratta solo di sport, in fin dei conti.

O anche di molto di più.

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