"Non c’era alcuna libertà": l’affondo contro Gasperini

L'esterno danese, Joakim Maehle, entra a gamba tesa nella gestione di Gian Piero Gasperini quando era un calciatore dell'Atalanta: ecco le sue accuse al tecnico

"Non c’era alcuna libertà": l’affondo contro Gasperini
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"C'eravamo tanto amati" è il titolo di un famosissimo film di Ettore Scola che potrebbe essere parafrasato per raccontare l'addio al veleno che l'esterno danese Joakim Maehle, due anni e mezzo con l'Atalanta, ha riservato al suo ex allenatore, Gian Piero Gasperini, per il trattamento che avrebbe ricevuto quando indossava la maglia nerazzurra di Bergamo.

Le parole di Maehle

Trasferitosi in Bundesliga per vestire la casacca del Wolfsburg, il 26enne ha deciso di vuotare il sacco raccontando la sua versione dei fatti su uno spaccato di vita negli anni bergamaschi e il perché abbia deciso di cambiare aria. "Avevo bisogno di una nuova sfida in questo momento della mia carriera. Una squadra nella quale io potessi avere un ruolo diverso da quello che ricoprivo all’Atalanta".

E fin qui, si può dire, tutto a posto: sono numerosi i calciatori che sentono la necessità di nuove sfide, più stimolanti. Adesso, pian piano, arriva la parte che interessa più direttamente il tecnico di Grugliasco. "Lì rischi sempre di fare panchina. Al Wolfsburg ti senti più parte di una squadra e c’è più unità e serenità nello spogliatoio. Era quello che cercavo da un po’", ha aggiunto Maehle, iniziando a vuotare il sacco sul rapporto che aveva con l'allenatore italiano.

"Approccio quasi dittatoriale"

Da adesso in poi sarà un'escalation di accuse contro Gasp a iniziare dagli allenamenti e dal tempo libero che non c'era. "Ci allenavamo sempre nel pomeriggio. L’allenatore aveva deciso così e non c’era davvero alcuna libertà. Anche se vivevi in un bel posto e il tempo era bello, non avevi il tempo di godertelo perché trascorrevamo tanti giorni e tante ore al centro sportivo", racconta al Corriere. Oltre alla mancanza di libertà, il vero affondo deve ancora arrivare. "Approccio quasi dittatoriale di Gasperini che già in passato aveva avuto problemi con lo spogliatoio? L’hai detto tu (rivolgendonsi al giornalista)". Più che dei sassolini, il calciatore danese si è tolto dei macigni sottolineando come ogni cosa la decidesse Gasperini come quando veniva stabilito di fare un doppio allenamento: in quel caso "dovevamo restare a dormire nella struttura per la notte" e non era consentito rientrare a casa. "Si può chiamare cattiva gestione o usare un termine simile, almeno mi sono preparato per le esperienze successive della mia carriera", ha sottolineato Maehle.

Il problema con Hojlund

Chi pensa che fosse finita così si sbaglia: l'esterno danese racconta anche cosa accadeva quando con il connazione Hojlund andavano insieme ad allenarsi. "Lui non voleva che guidassimo insieme. Perché così potevamo sederci, chiacchierare assieme mentre andavamo all’allenamento, divertirci. Non lo voleva e per questo sono stato rimproverato", ha raccontato, oltre a dichiare di non essere trattato come persona ma come numero a causa della mancanza di rapporto con l'allenatore.

Insomma, i motivi per lasciare Bergamo sono stati più

che numerosi e, nelle ultime ore, ha fatto intendere lo stesso anche il difensore Demiral che ha avallato quanto dichiarato da Maehle. "Ha ragione su tutto. Presto saprete anche la mia verità".

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