Calcio

Il pagellone del lunedì: orrori, rinascite e il crepuscolo dei campioni

La prima giornata del 2024 ha visto l'implosione del Napoli a Torino, la vittoria in extremis della Juventus, il giovane Milan che vince in trasferta ma soprattutto una serie di orrori arbitrali da record. Vediamo il meglio e il peggio della Serie A nel nostro pagellone

Il pagellone del lunedì: orrori, rinascite e il crepuscolo dei campioni
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Anno nuovo, Serie A vecchia? Non proprio, ma certe cose, purtroppo, non siamo riuscite a buttarle dalla finestra. Cosa si è visto in questo primo settimana di Serie A del 2024? Di tutto, di più. Dalla rete in extremis che tiene in corsa la Vecchia Signora al ritorno della “pazza Inter”, dalla linea verde del Milan al crollo verticale dei campioni d’Italia. Non ci siamo nemmeno fatti mancare una serie di orrori arbitrali da spavento all’ennesima espulsione “tattica” dello Specialone. Ripercorriamo il meglio e il peggio della 19a giornata del massimo campionato italiano nel nostro pagellone.

Vlasic scherza il Napoli (8)

Alzi la mano chi si sarebbe aspettato che il miglior giocatore di questo inizio di 2024 sarebbe stato il mercuriale talento del Toro. Quello che si è visto in campo all’Olimpico Grande Torino domenica è un giocatore che, quando si mette in testa di fare la differenza, sembra il Savicevic della Stella Rossa. La difesa campione d’Italia non sa più cosa inventarsi per fermarlo e, alla fine, non può che chinare la testa quando il suo bolide chiude praticamente i conti. Nonostante la sua sia una prestazione che non passerà inosservata tra gli scout delle grandi d’Europa, che lo hanno sicuramente nel taccuino, è ingeneroso dargli tutti i meriti della travolgente prova della banda Juric. Sottotraccia, senza che gli espertoni ne cantassero le lodi, il tecnico serbo sta plasmando una squadra che potrà combinare scherzi da prete a chiunque da qui in avanti.

Sanabria gol Torino Napoli

Come è riuscito a fare questo piccolo miracolo? Idee innovative, etica del lavoro a prova di bomba, grinta e aggressività a tutto campo. Facile a dirsi, incredibilmente difficile a farsi. Quando Vlasic si accende è un’altra storia ma non possiamo dimenticare come Sanabria abbia fatto una gran partita, anche se si è mangiato un gol praticamente fatto nella ripresa. Cosa dire poi di Bellanova, che fa concorrenza a Theo Hernandez in quanto a spinta sulla fascia per poi sfiorare pure il gol? L’immagine del nuovo Toro non può non essere Buongiorno: certo, si è perso Raspadori, venendo poi salvato da Milinkovic-Savic ma riuscire a dominare in difesa e segnare con una bella zuccata non è roba da tutti. Occhio al Toro, gente.

Consigli affossa la Viola (7,5)

Quando meno te l’aspetti, il Sassuolo si ricorda di saper giocare a calcio e mette sotto una Fiorentina a corto di idee e fiato. Mai punteggio è stato più bugiardo di quello visto al Mapei Stadium: i neroverdi hanno fatto più o meno il comodo loro in campo, rischiando di travolgere l’undici di Italiano. La copertina se la merita sicuramente Andrea Consigli, che nel finale prima para il rigore di Bonaventura e poi risolve un mischione assurdo nel finale, salvando gli emiliani da una beffa atroce. Il bello è che, almeno domenica pomeriggio, sono parecchi ad aver brillato: se Marcus Pedersen rivela quanto di buono intuito al Feyenoord, Thorstvedt fa impazzire la difesa viola per poi vedersi annullato, Dio solo sa perché, anche un bel gol. Aggiungi l’ennesimo gol di un rinato Andrea Pinamonti, che converte l’assist di Pedersen in una rete da attaccante di razza, il solito Berardi ed il gioco è fatto.

Consigli Sassuolo Fiorentina

Merito certo di Dionisi, la cui cura ricostituente sta iniziando ad avere gli effetti desiderati ma trovarsi di fronte una Viola in stato quasi confusionale certo ha aiutato non poco. Se dalla cintola in giù, i toscani hanno fatto discretamente bene, pur senza brillare, il turnover azzardato dal tecnico è stato un fallimento su tutta la linea. A tradire Italiano, stavolta, proprio uno dei suoi punti fissi, quel Giacomo Bonaventura che, oltre a tirare un rigore dimenticabilissimo, a centrocampo è sembrato con la testa ancora in vacanza. Inqualificabili, poi, sia Brekalo che Nzola: tanto evanescente il croato, i cui movimenti rasentavano l’assurdo, quanto frustrante, mai in partita, al limite del licenziamento per giusta causa l’angolano. Sceglierlo al posto di Beltran è una roba che grida vendetta al cielo. A Firenze sono molti a sperare che questa sia stata la sua ultima partita in viola: difficile dargli torto.

Dusan, meglio tardi che mai (7)

Chi avrà visto Salernitana-Juventus sarà lì, pronto a riempirmi di improperi per aver dato un voto del genere. Come si fa a dare più di una sufficienza scarsa ad un giocatore che, per lunghissimi tratti, era stato totalmente avulso dal gioco dei bianconeri? C’è chi dice, non senza un pizzico di perfidia, che la cosa migliore fatta da Dusan Vlahovic prima del recupero sia stato il “liscio” che ha apparecchiato un piatto sontuoso per Iling-Junior. Ci sta, il serbo aveva fatto poco o niente ma quando il tempo scarseggia e la palla pesa tre tonnellate si è fatto trovare al posto giusto al momento giusto. La sua incornata perentoria lascia Costil basito e rovina la gran prova dei ragazzi di Pippo Inzaghi, che avrebbero sicuramente meritato almeno un punto per quanto fatto vedere. Il calcio, però, sa essere crudele: uscire con zero punti dopo una partita del genere è tanto ingiusto quanto quasi inevitabile.

Vlahovic gol Salernitana Juventus

Il lavoro di Inzaghi sta facendo crescere una Salernitana quasi rassegnata a tornare in Serie B ma quando hai di fronte un gruppo ostico, disciplinato e con carattere da vendere, le partite devi chiuderle prima. Considerato il divario tecnico, i granata avevano lasciato agli ospiti il pallino del gioco ed i bianconeri, complici anche le tante assenze, non è che ci avessero fatto chissà che cosa. L’undici di Allegri, però, ha dimostrato di aver internalizzato il motto di casa Madama: “fino alla fine” vuol dire anche questo, mettere una rimonta in extremis, quando ben altre squadre avrebbero già gettato la spugna. A parte Kostic, tutti hanno fatto il loro, a partire da McKennie e Weah, in netta crescita. I passi falsi potranno anche arrivare ma una cosa è certa: questa Juve non mollerà mai. Con un gruppo compatto e convinto, tutto è possibile.

La linea verde rianima il Milan (7)

Una tifoseria quasi in rivolta, montagne di #PioliOut che popolano i social, una lista di infortuni talmente lunga da far gridare contro il cielo. Certo non il viatico ideale per un 2024 memorabile sia per Stefano Pioli che per il Milan. Il Diavolo, lontano da San Siro, non vinceva dal 7 ottobre e la trasferta ad Empoli sembrava proprio un viaggio della speranza. Con la rosa falcidiata, il tecnico emiliano è costretto ad affollare la panchina di giovanissimi ma il Milan che scende in campo al Castellani è in grado di farti dimenticare gli assenti. Considerato che i rossoneri hanno appena perso per la Coppa d’Africa un ritrovato Bennacer e Chukwueze, non era affatto scontato. Tra i fedelissimi del Diavolo si sta diffondendo il vizio di lodare i giocatori quando le cose vanno bene per scagliarsi come un sol uomo contro Pioli quando la squadra non gira. Scusate ma mi tiro fuori. Stavolta il merito va dato al mister, che ha avuto il coraggio di affidarsi ai talenti della Primavera, dando il tempo ai big di riprendersi.

Traore Empoli Milan Fotogramma

Come se non bastasse il buon esordio di Jimenez, un classe 2005 che promette grandi cose, Traoré trova il modo di doppiare il gol col Cagliari segnando il suo primo in Serie A, una rete che sarebbe stato facile sbagliare, specialmente quando hai di fronte uno come Caprile. Cosa dire poi della prova di Theo Hernandez? Quando l’ho visto schierato ancora come centrale ho temuto il peggio ma il francese non ha sbagliato praticamente niente. Merito suo per l’applicazione e l’impegno ma ancora più merito di Pioli per avere creduto in lui. Ruben Loftus-Cheek ha avuto il tempo di tornare ai suoi livelli ed ora è quasi sempre decisivo: a parte il gol procura il rigore e sfiora la doppietta. Reijnders fa un primo tempo dominante per poi gestire, Pulisic non brilla ma rimane sempre determinante, specialmente nel finale. Aggiungi la solita partita lunatica di Rafa Leao ed il risultato è servito. Il Milan rimane in corsa al giro di boa nonostante un’epidemia di infortuni mai vista. Non è un caso, è farina del sacco di Pioli. Fatevene una ragione.

Vecino salva ancora la Lazio (6,5)

Zitta zitta, la Lazio continua ad alternare gran partite a prestazioni inguardabili. Approdare all’ex Friuli proprio ora che Sottil sembrava aver trovato la quadra di un Udinese cui i talenti non mancano non era proprio una passeggiata di salute. Arrivarci, poi, senza il talismano Immobile è una prospettiva che avrà fatto passare un brutto quarto d’ora a Sarri. A giudicare dalle prove incolori di Kamara, Zaccagni, Pedro e Castellanos, che ha cestinato l’ennesima occasione della vita, ti immagini il peggio. Invece le Aquile strappano tre punti d’oro e sono sempre lì, a soli tre punti dall’Europa che conta. Il fatto che i friulani non abbiano giocato un partitone ha aiutato ma i biancocelesti hanno dovuto faticare le proverbiali sette camicie per portare a casa la vittoria.

Vecino gol Udinese Lazio

A salvare Sarri da un’altra figuraccia ci hanno pensato alcuni dei suoi fedelissimi e le sue sostituzioni dopo un primo tempo decisamente sotto tono. Menzione onorevole a Gustav Isaksen, che estirpando il pallone a Kristensen è decisivo per il gol di Pellegrini ma la vera differenza l’hanno fatta Felipe Anderson e l’eterno Matias Vecino. Di prestazioni solide, all’insegna della sostanza il brasiliano ne ha messe tante in carriera ma il tocco che vale l’assist della vittoria meriterebbe di essere celebrato. Cosa dire, poi, dell’uruguagio? Sembra sempre sul punto di scivolare nell’irrilevanza ma, specialmente quando le cose si mettono male, tira sempre fuori dal cilindro un gol che salva baracca e burattini. La prova dell’undici di Sarri è bruttina assai ma, fino a non molto tempo fa, la Lazio gare del genere le perdeva. Del famoso Sarriball nessuna traccia ma i punti continuano ad arrivare. Alla vigilia del derby di Coppa Italia, bene così.

Torna la pazza Inter? Nì… (6)

A giudicare dall’espressione di certi miei amici nerazzurri, la sensazione è che il finale di Verona-Inter gli abbia fatto perdere qualche anno di vita. Ti aspetteresti che chi ha vissuto soffrendo come un cane gli anni della “pazza Inter” ci abbia fatto il callo ma a cose del genere non ci si abitua mai. Presentarsi al Bentegodi con le batterie scariche, senza la grinta ed il cinismo necessario per ammazzare la partita, di solito porta malissimo e l’Inter sfiora davvero il tracollo in un finale al cardiopalma che ci saremmo tutti risparmiati volentieri. Orrori arbitrali a parte, la sensazione è che questa gara sembrasse fatta apposta per agevolare il sorpasso della Juventus, specialmente vista la prova dimenticabile di diversi pezzi da novanta. Il confine tra la sicurezza di essere sempre in grado di ribaltare le partite e la supponenza è molto labile e l’Inter è sembrata danzare a lungo su questo orizzonte degli eventi. Alla fine, invece, Inzaghi deve ringraziare gli errori di Henry e portare a casa tre punti che valgono tanto oro quanto pesano.

Frattesi gol Hellas Verona Inter

A salvare il primato della Beneamata ci ha pensato un talento forse sottoutilizzato come Davide Frattesi, il cui contributo va ben oltre ad un gol pesante. Sembra facile trovarsi al posto giusto al momento giusto ma non lo è affatto e l’azzurro ha risposto ancora presente. La sua prova fa da contraltare alla mezz’ora da film horror messa da Marko Arnautovic, che, ad un certo punto, avrebbe gradito tantissimo essere richiamato in panchina. D’altro canto quando perdi un pallone sanguinoso convertito in gol dagli scaligeri e sbagli due gol a porta vuota la cosa migliore è togliere il disturbo. Quindi, tornando alla domanda dalle mille pistole, è tornata davvero la “pazza Inter”? Dovranno forse i tifosi nerazzurri dotarsi di defibrillatore per evitare il peggio nel finale di partita? Troppo presto per dirlo. Per ora, l’unica cosa che conta è che la banda Inzaghi torna alla Pinetina con le rivali sempre a distanza di sicurezza. E scusate se è poco.

Chissà come, la Roma va (6)

Chi si sarà presentato all’Olimpico domenica sera avrà sicuramente avuto una domanda sola in testa: quale Roma si presenterà in campo? Quella disastrosa vista a Bologna e nel primo tempo all’Allianz Stadium o quella che aveva messo sotto il Napoli al Maradona? Dopo una stagione di alti e bassi, l’undici di Mourinho è un rebus ammantato da un mistero. Dover affrontare un’Atalanta col dente avvelenato non era certo un compito semplice ma, in qualche modo, i giallorossi sono riusciti a portare a casa un risultato preziosissimo. Sorvoliamo perché francamente tediati oltre l’umanamente comprensibile sull’ennesima espulsione “tattica” del lusitano e proviamo a capire cosa abbia funzionato domenica rispetto alla prova scialba contro la Juventus. Tralasciamo le giocate da mago di Dybala, inseguito per tutta la partita dai malcapitati difensori della Dea e concentriamoci sul suo sodale Lukaku. Quando le gare contano di gol manco a parlarne, ma i passi avanti rispetto alla trasferta di Torino sono enormi, specialmente nel lavoro spalle alla porta.

Dybala Roma Atalanta

A tenere a galla la barca romanista ci pensa la solita prova caparbia di Mancini, ancora non al meglio fisicamente ma in grado di consentire a Mourinho di rimescolare le carte in difesa e salvare baracca e burattini nel finale di partita. Aggiungi il cambio provvidenziale tra un Paredes non al meglio e Pellegrini ma questo non spiega ancora come la Roma, dopo la zuccata di Koopmeiners, abbia il carattere non solo di riprendere l’Atalanta ma anche di rischiare di portare a casa i tre punti. Giudicare le partite dal punteggio è sempre una pessima idea e, almeno stavolta, questo sembra un punto guadagnato più che due punti persi. La cosa veramente importante è che il gruppo abbia dimostrato di crederci fino alla fine e che sia riuscito a fare molto meglio di quanto visto a Torino. Ancora presto per dire se potrà giocarsela per la Champions ma la Roma è ancora viva. Certo che se evitasse di svegliarsi solo nel finale, le cose andrebbero ancora meglio ma, evidentemente, non si può avere tutto dalla vita.

Mazzarri, che batosta! (3)

A questo punto parlare dell’implosione dei campioni d’Italia inizia ad assomigliare tanto a sparare sulla Croce Rossa. Viste le reazioni al limite tra l’imbufalito e il disperato dei fedelissimi del Napoli, eviteremo di infierire ma la prova messa dall’undici di Mazzarri a Torino è talmente brutta da sfiorare l’assurdo. Com’è possibile che un gruppo che, a parte il rimpianto Kim, aveva asfaltato la concorrenza solo sette mesi fa si sia trasformato nel dipinto astratto visto in campo contro i granata? Ci sarà certamente chi organizzerà metaforicamente una fustigazione sulla pubblica piazza per il povero Pasquale Mazzocchi, che dopo tre minuti tre fa una stupidata che rovina definitivamente il piano partita dei partenopei. Non è certo il caso: debuttare così al San Paolo, da napoletano verace, è roba che non augurerei nemmeno al mio peggiore nemico. I problemi sono altri, ben più gravi di un’entrata inqualificabile.

Napoli post Torino

Quando vedi partite del genere, la tentazione è quella di fare come il professore d’italiano de “I ragazzi della 3a C” a Bruno Sacchi e dare a tutti, in blocco, un bel 3. Facezie a parte, i colleghi che hanno seguito Torino-Napoli sono stati forse fin troppo generosi, visto che le insufficienze gravi non sono moltissime, a parte la difesa, dove Rrahmani e Juan Jesus hanno fatto robe da galleria degli orrori. Più avanti, se possibile, le cose sono andate ancora peggio: se Zielinski sembra pronto a fare le valigie, Cajuste è inqualificabile sia in copertura che in fase d’impostazione. Aggiungi, poi, un Kvaratskhelia nervoso e surclassato da Djidji e un Raspadori talmente avulso dal gioco da sembrare capitato lì per caso e il disastro si spiega. L’unico sollievo per il tecnico di San Vincenzo è stato di non essere in panchina, vista la squalifica. Ripetersi è sempre difficile, ma un Götterdämmerung del genere, un crepuscolo degli eroi dello scudetto così repentino è roba che nel calcio italiano ci ricorderemo a lungo.

La Waterloo degli arbitri (2)

Ci siamo tenuti il meglio per ultimo ed abbiamo pure fatto scorta di vetriolo per parlare della giornata orribile della classe arbitrale italiana. La situazione è andata talmente oltre ai livelli di guardia che la stessa Aia, che ammette gli errori solo sotto tortura, è stata rapida nel dichiarare l’ovvio, ovvero che i fischietti non hanno vissuto la loro giornata migliore. Il fatto che il ds dell’Hellas Verona Sean Sogliano, persona sempre moderata, abbia usato toni sferzanti nel post-partita, è prova provata che gli ineffabili Fabbri e Nasca ne abbiano combinate di tutti i colori. La prestazione del fischietto ravennate e del “varista” barese, già protagonista di errori su errori in Juventus-Bologna, gli è valsa una retrocessione immediata ma vale la pena di esaminare quali e quanti orrori abbiano fatto in campo. Fabbri, in particolare, non ha brillato in quanto a consistenza: l’intervento di Magnani su Arnautovic che è valso il pari di Henry era al limite ma il fatto che, poco dopo, fermi una ripartenza dell’Inter per un contrasto identico non gioca certo a suo favore.

Il fattaccio vero, la spallata-gomitata di Bastoni a Duda che né l’arbitro né il Var sono stati in grado di notare, è completamente inspiegabile. Fabbri era in posizione perfetta per vederla ma come abbia fatto Nasca a non accorgersene non ha senso. Nel finale l’arbitro va in confusione totale e si perde totalmente il fallo di Darmian su Magnani: ci vuole il Var per evitare l’ennesimo errore da matita blu. La ciliegina sulla torta? Il fatto che Sommer sul rigore di Henry abbia i piedi ben oltre alla linea di porta: davvero questa infrazione non ha avuto “chiaramente un impatto sul calciatore”, come dice il regolamento? Visto che, a quanto pare, toccato il fondo ai fischietti italiani piace iniziare a scavare, c’è pure il gol annullato al Sassuolo per un fuorigioco di Matheus Henrique attivo solo nella testa di Abisso e la rivolta della tecnologia a Frosinone, con prima il black-out del Var e poi i problemi alla cuffia dell’arbitro Ferrieri Caputi. Quando per convalidare un gol serve il cellulare di uno spettatore, è possibile fare peggio? Lungi da me infierire ma competere coi campionati top in condizioni del genere è come combattere con Mike Tyson con una mano legata dietro la schiena.

Provvedere in fretta, grazie.

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