Mondo nel pallone

Un sabato pomeriggio a Leicester con i tifosi inglesi (e alcuni italiani)

Il Leicester di Enzo Maresca guida la classifica in Championship dopo la retrocessione dello scorso anno ma ogni due sabati nella cittadina delle Midlands Orientali è festa per la partita di Vardy e compagni. Ecco come si vive un sabato pomeriggio da quelle parti

Leicester City FC (Facebook)
Leicester City FC (Facebook)

È innegabile che esista un fil rouge che lega il Regno Unito e l’Italia, basti pensare che la sola Londra conta talmente tanti nostri connazionali residenti da essere la "settima città italiana" al pari di Firenze e Bologna. Esiste, però, un’altra realtà nel centro dell’Inghilterra che, forse anche al pari di Londra, lega i due paesi. Parliamo di Leicester, città da oltre 350mila abitanti. Il legame ha un nome e un cognome, un periodo temporale ben definito e un epilogo da fiaba della Disney: Sir Claudio Ranieri, 13 luglio 2015 – 23 febbraio 2017, vittoria della Premier League e prima storica qualificazione in Champions League.

Il giorno in cui la notizia del ritorno di Ranieri in Inghilterra diventa ufficiale lo scetticismo dopo la fallimentare esperienza con la Nazionale greca del tecnico romano fa da padrone: il suo nome, infatti, è considerato come uno dei più papabili per l’esonero a breve termine e la vittoria del campionato era quotata meno di eventi al limite della realtà, come quello, ad esempio, della scoperta del mostro di Loch Ness o dell’elezione al soglio pontificio di Bono, il frotman degli U2. Ciò che accade dall’8 agosto 2015, invece, è storia: dopo 13 giornate il Leicester è capolista, perde e riconquista la vetta a scapito dell’Arsenal in sole due giornate, il 10 aprile 2016 si qualifica matematicamente in Champions League ma il sogno si realizza il 2 maggio, quando la seconda in classifica Tottenham è impegnata in uno dei tanti derby londinesi contro il Chelsea, the Foxes – come è chiamata la squadra per via dello stemma – ha giusto pareggiato il giorno prima ad Old Trafford contro lo United e la squadra è incollata al televisore in attesa del triplice fischio. Gli Spurs pareggiano 2-2, a 183 chilometri di distanza parte la festa: dopo 132 anni di storia il Leicester è campione d’Inghilterra. La favola, l’impresa è realtà ma, come spesso accade, anche le migliori storie hanno un finale amaro: nella stagione successiva il Leicester annaspa in campionato – chiuderà in 12ª posizione – e Ranieri, a seguito della sconfitta all’andata degli ottavi di finale contro il Siviglia, viene esonerato.

Claudio Ranieri
Ansa

A distanza di sette anni, un altro italiano siede sulla panchina del Leicester, è Enzo Maresca, che nella scorsa stagione era uno dei più stretti collaboratori di Pep Guardiola. La classifica parla chiaro: 30 punti in 11 giornate, secondo miglior attacco, difesa meno battuta e una voglia matta di tornare in Premier League. L’entusiasmo è alle stelle e l’unico superstite della squadra che sconfisse tutti è anche l’uomo maggiormente rappresentativo di un calcio romantico: Jamie Vardy.

Enzo Maresca
Leicester City FC (Facebook)

È sabato 7 ottobre 2023 e la nostra sveglia suona alle ore 10.00 (le 11 in Italia, d'ora in avanti useremo sempre l'orario locale, ndr). Dopo una doccia e una rapida colazione usciamo dal nostro hotel a Pocklington Walk per una passeggiata in centro. Sono le 13.00 quando ci incamminiamo verso lo stadio e notiamo che molti tifosi stanno facendo altrettanto. È una mattinata soleggiata, temperatura non in stile british con 23° gradi. Per arrivare dal nostro albergo al King Power Stadium ci vogliono circa 30 minuti di passeggiata, che ci fa rotolare verso Sud, attraversando Welford Road – si passa accanto il campus universitario della De Montfort University – per poi girare sulla Aylestone Road (dove si trova il Leicester Royal Infirmary) e, infine, sulla Raw Dykes Road che ci fa intravedere lo stadio. Arrivati all’incrocio con Filbert Way ci troviamo davanti l’imponente struttura sportiva e l’orologio senza le 13.27. Le strade che portano allo stadio sono tutte affollate e i tifosi sono già in clima prepartita fra una birra e un panino, con vessilli e magliette al seguito. La rigidità dei controlli all’ingresso, però, viene rispettata quasi fosse un protocollo diplomatico: è fuori dal King Power che si beve, si mangia e si fa festa perché nei vari settori non si può bere durante il match, si può fare solo nell’apposito spazio dedicato che viene comunemente denominato concours, ossia la parte sotto le tribune.

Punto ristoro
Salvatore Stanizzi

Ogni angolo adiacente la struttura ha degli stand dove potersi rifocillare, dove si inizia già a scaldare la voce intonando cori di sostegno verso i beniamini che di lì a poco scenderanno in campo. Esistono varie cose che si possono fare prima di entrare allo stadio e, questo, vale per tutte le età: ci sono spazi dedicati ai bambini, esiste una clubhouse in cui è possibile acquistare prodotti, vi è anche un piccolissimo giardinetto in onore di Vicai Srivaddhanaprabha, il presidente del Leicester di Ranieri scomparso il 27 ottobre 2018 a seguito dello schianto dell’elicottero su cui si trovava proprio fuori dall’impianto. È esattamente in quel punto che sorge questo parchetto, dove vi è una targa in onore dell’ex chairman, insieme ad una sua foto e a tantissimi fiori. Mentre giriamo fra i vari stand e passiamo dal parco per lasciare un fiore, scambiamo qualche parola con i tifosi, fra cui, senza stupore, più di qualche italiano. Viene spontaneo chiedere di Ranieri e Maresca e, specialmente i tifosi inglesi non nascondono la propria riconoscenza e commozione per il tecnico romano: il filo conduttore fra i due viene visto da tutti, perché il primo ha portato il club sul tetto del campionato più bello del mondo, il secondo ora ha nelle mani la possibilità, sette anni più tardi, di farlo tornare proprio lì, dove sognare, ancora una volta, non costa nulla.

Memoriale
Salvatore Stanizzi

Fra i tifosi italiani, di cui la stragrande maggioranza sono studenti universitari, troviamo anche un signore di Catanzaro – Ranieri è stato una delle bandiere del Catanzaro del presidente Ceravolo che militava in Serie A – che abita da una vita Coventry, una cittadina poco distante da Leicester. Pasquale ci racconta della sua vita e di come, per lavoro, sia finito in Inghilterra. Ancora di più, con sguardo fiero, ci racconta del suo Catanzaro in Serie A e di Ranieri che segue in ogni sua esperienza, compresa quella di adesso a Cagliari e chiosa sul match odierno con un velo di romanticismo: “Vengo ogni sabato qui perché è come se fossi al ‘Ceravolo’, mi sento a casa. Oggi vinciamo”. Certi momenti, certe facce, certi sguardi riecheggiano parole che hanno segnato intere generazioni. Parole che segnano un lascito, che trasmettono amore ed emozione, parole incastonate nella memoria: ogni vita è una storia grande, di quelle che contano davvero e per poter vivere è necessario essere aggrappati a qualcosa, a qualcuno. “È come nelle grandi storie quelle che contano davvero – perché – c’è del buono in questo mondo, è giusto combattere per questo”.

Le chiacchiere sono sempre piacevoli ma la voce dello speaker, la folla che entra e i decibel che salgono ci informano che è arrivato il momento di recarci nel nostro posto in tribuna. Sono le 14:45 e mancano solo quindici minuti all’ingresso di Leicester e Stoke City sul terreno di gioco, sugli spalti sono in 32mila – sold out – i sostenitori.

Appena i due team si schierano sul rettangolo di gioco si intonano cori di sostegno, che non accennano a diminuire per nessun istante dei 90’ di gioco. I decibel si alzano maggiormente in alcuni precisi momenti: al 24’ quando Iheanacho realizza il gol del vantaggio, al 79’ quando il sempreverde Vardy la chiude e a fine partita, per regalare, prima di rivedersi martedì 24, l’ultimo saluto ai beniamini che tanto bene stanno facendo. La voce, però, non accenna a diminuire quando dallo stadio si defluisce, perché non è la vittoria ad aumentare l’entusiasmo, bensì la voglia di ritornare di già allo stadio. In Inghilterra, in ogni manto erboso, in ogni categoria, si vive così: sette giorni su sette, ventiquattro ore al giorno di calcio, any given Saturday per parafrasare un celebre film.

Ed è proprio questo amore viscerale che porta tutti i tifosi a recarsi nei pub, a bere una birra, per continuare a cantare, a scambiarsi opinioni e a darsi appuntamento al prossimo giro. È l’ennesima dimostrazione di un sentimento talmente forte che renderebbero riduttivo qualsivoglia parola per descriverlo ma dobbiamo provarci. Ogni volta che si entra in uno stadio d’Oltremanica vi è la sensazione che non si contino i punti, che l’ottica del tifoso sia quella delle emozioni, non del risultato. È quasi come se fosse una religione, un matrimonio indissolubile che lega la persona al club, perché la frase non è mai “oggi gioca la mia squadra”, bensì “oggi giochiamo”.

Un modo di viverla che fa venire in mente due righe di un campione olandese che i campi inglesi li ha calcati solo da avversario ma che ne ha, appieno, capito la meraviglia, quel Johan Cruijff che nella sua autobiografia “La mia rivoluzione” a tal proposito afferma: "I tifosi inglesi sono innamorati del loro club, ce l’hanno nel Dna. Allo stadio li vedi sempre: nella buona e nella cattiva sorte non abbandonano la loro squadra.

Sanno accettare le sconfitte, a patto che in campo ogni giocatore abbia dato il massimo".

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