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San Siro 1994, quando tutti conobbero il trenino del Bari

Fu l’attaccante Miguel Angel Guerrero ad importarlo nel Belpaese: divenne marchio di fabbrica indelebile dei galletti pugliesi

San Siro 1994, quando tutti conobbero il trenino del Bari

Fare trentaquattro gol in campionato e sollevare il titolo evidentemente per alcuni equivale ad aver scherzato. Sicuramente non basta a Paco Maturana, il totem che siede sulla panchina della Colombia. Quando s’è trattato di redigere le convocazioni, lui ha tracciato un rigo netto sul nome di Miguel Angel Guerrero. No, non fa per i Cafeteros. E, in fondo, forse è andata anche molto meglio così, considerata la sorte sportiva e sociale inflitta a chi fece parte di quella infausta spedizione a Usa ’94.

E poi quella che ti pareva sfiga può trasformarsi in ulteriore riscatto se il tuo cartellino diventa più abbordabile, alla luce della mancata convocazione. Da Bari a Barranquilla, frizzante avamposto colombiano affacciato sul mar dei Caraibi, fanno quasi venti ore di volo. Il biglietto – sola andata – l’ha comprato Carlo Regalìa, illuminato ds dei galletti. L’Atletico Junior, detentore del cartellino, non può opporsi. Guerrero monta sulla scaletta dell’aeroplano deciso a riscrivere la storia della Serie A. E la parte migliore è che ci riuscirà.

In patria, dopo ogni segnatura – e sono state un mucchio – lui faceva partire una singolare esultanza. Tutti in ginocchio per terra, le caviglie del compagno davanti afferrate e l’irriverente simulazione di un trenino che diventa plastica realtà. È coltivando questo sogno lucido che Miguel Angel addenta l’Italia del pallone.

Come tutti i debutti, certo, serve un po’ per ingranare. Parliamo dell’esultanza, ovviamente, perché se dovessimo concentrarci sul suo incipit calcistico i giudizi sarebbero quantomeno balbettanti. Eppure il profetico pendolino di Maurizio Mosca aveva sentenziato un suo gol contro la Juve, in una delle primisse uscite de La Bari. Macché, rigore sbagliato. Ne canna un altro qualche partita dopo. Nasi che si storcono, ma perché non sanno. Non è questo il pezzo migliore del repertorio.

Dicevamo del debutto, ma di quello del trenino. Guerrero ci ha messo un sacco di tempo a farlo dirigerire ai compagni. Peggio del più intricato degli schemi. "Capire come dovevi muovere le gambe e le braccia in sincrono non era per nulla facile" dichiarerà in seguito Il Cobra Sandro Tovalieri. Con lui, prestati senza ritegno al giochino, ci sono i Bigica, i Protti, i Pedone, i Gautieri e tutto il resto della compagnia. Lo sfoderano già in una vittoriosa trasferta contro il Padova – uno 0 a 2 del 25 settembre 1994 – ma non se lo fila nessuno. Serve un amplificatore un po’ più potente.

Niente di meglio di San Siro per fare il lavoro sporco. E pensare che quando il Bari arriva a Milano, per giocare contro l’Inter, si ritrova a fare i conti con una beffa che afferisce direttamente al segmento dei trasporti. Un segno, evidentemente. Fusoliera del pullman in ebollizione. Tocca prenotare una decina di taxi, pigiare dentro i borsoni e sciropparsi il viaggetto verso la Scala del calcio in processione. Poco male: il destino ha in serbo la gloria imperitura che questo gruppo merita.

A dire il vero si penserebbe che i nerazzurri abbiano tutte le carte in regola per stritolare i galletti. I fatti raccontano altro. Gautieri sgasa sulla fascia e mette in mezzo. Svirgola maldestramente Zio Bergomi. Accorre, famelico condor, Guerrero: palla sotto l’incrocio e buonanotte a Pagliuca.

Bari

Sé, vabbè, mormorano gli interisti. Botta di siderale fortuna. Invece no. Bari tutt’altro che arrendevole. Anzi, continua ad attaccare. Anche se rischia, perché Dennis Bergkamp potrebbe rimetterla in pari. Quella però deve essere la giornata di Miguel Angel. È scritto nelle costellazioni calcistiche che campeggiano sopra al cielo di Bari, come su quello di Barranquilla. Centra il palo in pieno, il nostro. Sudori freddi lungo le schiene interiste, preludio inevitabile al raddoppio.

Altro sprint di un irrefrenabile Gautieri. Palla ancora nel mezzo. Incornata del Cobra: 0 a 2. Scocca il fatidico momento. Tutti per terra, a fare il trenino. Che viene benissimo, tra l’altro. Movimenti in sincrono che nemmeno in una nazionale di ginnastica artistica. Il pubblico li contempla trasecolato e ammutolito.

Ne scrivono a iosa, il giorno dopo, i principali giornali. Ne ripropongono le gesta le tv e ne parlano le radio. I riflettori giusti hanno sortito il loro effetto. Quella geniale celebrazione diventa ben presto oggetto di culto collettivo. Verrà ciclicamente riproposta dai successori di Guerrero e compagni, stampata su t-shirt, incisa su tazze e poster. Una fenomenale spruzzata di marketing. Con consegna a domicilio, in tutto il mondo. Il trenino che sbuffa diventa fenomeno globale. Il mittente però resta uno solo.

Il timbro è di un ufficio postale di Barranquilla. Miguel Angel ora sorride: chissene frega dei gol (2 in stagione su 34 presenze), quando sei un asso della comunicazione?

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