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Una calciopoli anche in Portogallo

La si potrebbe chiamare Calciopoli in salsa lusitana. Perché gli ingredienti sono simili, molto simili. E speculare è il grimaldello che ha scoperto il velo sul pallone portoghese. Intercettazioni telefoniche. Dirigenti di club e di Lega, arbitri. Tutti intenti a ordire intrallazzi. Con la magistratura in ascolto. Di diverso c’è solo il clamore, niente a che vedere con il ciclone di casa nostra. Nei guai è finito Josè Veiga, oggi direttore generale del Benfica, il club più blasonato di quelle parti. Insomma, il Moggi di Portogallo. Che, stando alle rivelazioni del quotidiano Publico, sarebbe protagonista di un valzer di telefonate piuttosto compromettenti. Nel 2004, quando era presidente dell’Estoril, club di seconda divisione, Veiga avrebbe più volte chiamato il presidente della Lega professionisti Loureiro per ottenere la squalifica del campo di un’avversaria, il Marco de Canaveses, una specie di inferno, pare. Richiesta puntualmente esaudita, grazie ai servizievoli uffici del capo della commissione disciplinare Gomes da Silva. Morale: gara spostata a Oporto, 3-2 per l’Estoril e arbitraggio contestato. Fin qui, però, per il Benfica ci sarebbe poco di cui preoccuparsi. I guai arrivano non appena si svela l’arbitro di quell’incontro, il signor Joao Ferreira. Guarda caso lo stesso della semifinale di Coppa di Lega Benfica-Belenenses, stessa stagione. Alla vigilia della partita, il presidente del Benfica Luis Felipe Vieira chiama Loureiro - ancora lui - per lamentarsi della designazione. Pretende un certo Paulo Paraty. Non solo. Non vuole più avere a che fare nemmeno con altri quattro fischietti internazionali perché in orbita Porto. «Nessuno mi dà garanzie», si lamenta.

Sembra di sentir parlare qualcuno.

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