RomaNelle tasche degli italiani sì, nei pantaloncini dei calciatori no? I (presunti) mugugni dei ben pagati divi del pallone contro la tassa di solidarietà prevista nel decreto anticrisi non vanno giù al ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli. «Se dovessero continuare a minacciare scioperi o ritorsioni - attacca lesponente leghista - proporrò che come ai politici anche ai calciatori venga raddoppiata laliquota del contributo di solidarietà. I calciatori fanno i capricci, non so se sia giusto o meno il contributo di solidarietà, ma se qualcuno dovrebbe pagarlo sono proprio i calciatori che rappresentano la casta dei viziati».
Lentrata a gamba tesa del ministro del Carroccio innesca la polemica sullapplicazione della tassa anticrisi (che prevede un prelievo aggiuntivo del 5 per cento sugli stipendi sopra i 90mila euro, che raddoppia al 10 per cento da 150mila euro in su) a una categoria che difficilmente, visti i redditi medi tra i professionisti, può sfuggirvi. A far emergere la questione, a Ferragosto, era stato lad del Milan, Adriano Galliani, spiegando che il contributo di solidarietà, se confermato, «è una tassa che pagheranno loro (i calciatori, ndr) e non le società». Una presa di posizione a cui aveva replicato il presidente dellAic, Damiano Tommasi, rimandando a quanto previsto dai singoli contratti. Insomma, qualora il contratto tra calciatore e club preveda lingaggio al «netto», toccherebbe alla società accollarsi lonere del contributo.
Ma la reazione della «casta del pallone» è stata ancora più forte dopo le parole di Calderoli. Tommasi, sul punto, ha replicato ricordando che lAic non si era espressa sul tema, e che lunico ad aver toccato largomento era stato appunto Galliani. Meno prudente e temporeggiatore il vice dellassociazione calciatori, Leo Grosso, che prima bolla come «stupidaggini» le dichiarazioni di Calderoli, poi ribadisce che «se nel contratto cè scritto che i compensi sono calcolati al netto, il contributo va pagato dalle società». E aggiunge che «è facile speculare sui giocatori e i loro stipendi, ma bisogna ricordare che per alcuni che guadagnano molto, tanti hanno introiti modesti e spesso non certi». Daltra parte, sono certi invece i limiti di reddito oltre i quali è dovuto il versamento del contributo.
A Grosso, «bravo avvocato che in questo caso fa solo il sindacalista», risponde Galliani, ribadendo che «il calciatore è un lavoratore dipendente a tempo determinato» e che «non ha uno status diverso dagli altri». Dunque «i calciatori non sono esclusi» dallobbligo di pagare la tassa anticrisi. La pensa così anche lex presidente della Covisoc (la commissione di vigilanza sulle società di calcio) Victor Uckmar, che a prescindere dal regime fiscale della nuova tassa (contributo autonomo o aggiunta allaliquota Irpef) auspica che «i calciatori contribuiscano a prescindere, visti gli ingaggi». Anche Maurizio Beretta è drastico: «Non mi piacciono queste distinzioni tra netto e lordo». «È stato chiesto un contributo di solidarietà a chi percepisce un reddito oltre una certa soglia - continua il presidente della Lega A - i calciatori vivono una situazione di grande privilegio e in un momento così difficile per il Paese nessuno riuscirebbe a capire uneccezione».
Contraria a «privilegi» per gli eroi della domenica anche la politica. Per Giorgio Merlo, deputato del Pd, «chi si oppone a questo contributo nel mondo del calcio dovrebbe fare una cosa sola, vergognarsi». E il sottosegretario allEconomia Antonio Gentile rilancia: «In un momento cosi difficile per lItalia pochi solidarizzeranno con il signor Etoo, e dico un nome a caso, che invece di prendere 900mila euro netti al mese rischia di prenderne 830». Si unisce al coro Maurizio Ronconi dellUdc: una esenzione per i calciatori sarebbe «diseducativa, anti italiana e immorale oltre che di dubbia legittimità».
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