Calderoli scudiero a tempo pieno del super ministro

RomaRoberto Calderoli non ha mai fatto mistero che l’unico suo faro è Umberto Bossi: «Se mi dice buttati da questo ponte per il bene della Lega lo faccio», disse. Ma da tempo riconosce la luminosità di un altro fanale: quel Giulio Tremonti di cui tesse panegirici un giorno sì e l’altro pure. Il super ministro dell’Economia ha nel collega della Semplificazione normativa l’alleato più fedele. Tra padani ci s’intende (uno è valtellinese, l’altro della bergamasca ndr), e appena può Roberto incensa Giulio: «Tremonti? In ambito nazionale e internazionale ha una valutazione estremamente positiva. È considerato un guru e le mosse che ha fatto per primo sulla crisi sono state sempre condivise o copiate». Passa il decreto legge a sostegno di imprese, occupazione e famiglia? Giù lodi sperticate per l’inquilino di Via XX Settembre: «Un bravo, meritato - commenta Calderoli - al ministro Tremonti e un grazie per avermi consentito di dare un mio personale contributo». Intesa perfetta perfino sulla cassa del Mezzogiorno: «La proposta di Tremonti sul Sud è positiva, l’unica cosa sbagliata è il nome», la sola micro puntualizzazione lessicale. Nel merito: «Bene perché c’è la necessità di dare gli strumenti anche al Sud per ripartire». Giulio attacca le banche e dice che hanno attinto durante la crisi a 3.500 miliardi di euro di liquidità, soldi presi a zero, dati poi in prestito a tassi più alti e «così sono capaci anche i bambini a fare le trimestrali»? Roberto s’accoda e dà la stilettata al presidente dell’Abi Corrado Faissola: «È come Alice nel paese delle meraviglie quando afferma che non c’è stata una stretta del credito: invece di mettere a disposizione i Tremonti-bond, forse avremmo fatto bene a nazionalizzare qualche banca».
Battute, certo, ma serissima l’armonia tra i due. Un flirt pure visivo come dopo l’incontro con le Regioni e il relativo accordo sulla sanità. Vasco Errani a spiegare ai cronisti i termini dell’intesa e, in prima fila, i due: uno accanto all’altro sulle seggiole riservate ai giornalisti. Non c’è critico di Tremonti, fuoco amico o meno, che un minuto dopo non si becchi la strigliata più o meno ironica di Calderoli. E così oggi, con il super ministro accerchiato da tanti colleghi, a levare gli scudi più in alto di tutti è sempre lui, Roberto. Così, non appena monta l’ipotesi di un Draghi al ministero dell’Economia, il leghista spara a zero: «Un tecnico lì? Durerebbe quanto un gatto sull’Aurelia». E ancora: l’uscita di Giulio sul posto fisso, il documento pidiellino anti-Tremonti, il taglio dell’Irap non concordato, i malumori a livello di guardia, le voci sulla promozione a vicepremier. E Calderoli lì a sostenere su tutti i fronti l’amico. Molto più che un alleato: una spalla, un socio, quasi un padano. E nel momento del bisogno ci si attiva: l’«imputato» Tremonti incassa due importanti arringhe difensive a mezzo stampa da parte di Calderoli, una dopo l’altra, nel giro di tre settimane. Ieri su Repubblica: «Tagliare l’Irap ora è impossibile, Tremonti vicepremier nulla di strano, di politica economica è titolato a parlare solo il ministro dell’Economia, il testo di Letta sembra scritto da qualcuno che non ha capito bene la dimensione del problema»; lo scorso 5 ottobre sul Corriere contro «i viscidoni che anche all’interno del governo mantengono ambigue connivenze con i poteri forti.

Ce n’è uno in particolare, ma non è il solo, ce ne sono almeno dieci-venti che hanno la coscienza sporca, e noi gli amici del giaguaro non li vogliamo...». Gratuito patrocinio? Se c’è parcella questa ha un solo nome: federalismo fiscale.

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