Roma - Umberto Bossi, ministro
per le Riforme e leader
della Lega, ha annunciato
di voler reintrodurre
l’Ici sulla prima casa, animando
non poco il dibattito
politico. Ministro Calderoli,
si tratta di una «battuta
di ferragosto» o è tutto
vero?
«È una tempesta in un bicchier
d’acqua».
Cioè?
«Si è creata una nuova polemica
estiva solo perché è
stata estrapolata una frase
di Bossi da un’ampia intervista,
in cui citava come esempio,
in merito al federalismo
fiscale, la questione
Ici».
Sì, ma il Senatùr ha ammesso
pure di non averne
ancora parlato con Silvio
Berlusconi e Giulio Tremonti.
«Guardi, con Tremonti il
confronto è continuo. Stasera
(ieri, ndr) ci vedremo a
cena e magari ne discuteremo».
Chiarito il contesto, ci spiega
adesso come stanno davvero
le cose?
«È tutto molto semplice e la
nostra posizione è più che
nota. Quando il governo decise,
tra i primi provvedimenti
prioritari, di abolire
l’imposta, noi accettammo
perché rappresentava uno
strumento per andare incontro
immediatamente alle
difficoltà economiche delle
famiglie. È evidente, però,
che l’Ici era l’unica forma
di fiscalità federalista in
mano ai Comuni.Eoggi, nell’ottica
di una riforma complessiva,
è giusto stabilire i
tributi propri di ogni ente locale».
La questione casa, dunque,
sarà una delle prerogative
dei sindaci?
«Esatto. Sia per quello che
concerne la proprietà dell’immobile,
sia in fatto di
erogazione di servizi».
E sul fronte tasse, che succederà?
«Tanto per capirci, la nostra
proposta non prevede
una semplice reintroduzione
dell’Ici. Si arriverà infatti
alla cancellazione di tutte
le imposte relative alla casa
- quindi anche quelle regionali
e statali, che sono oltre
una decina - per definire un
unico tributo complessivo a
vantaggio dei municipi. In
tal modo, si ridurrà la burocrazia
e si punterà sulla
semplificazione, agevolando
i cittadini, che potranno
così verificare chi amministra
bene e chi no. Chi, insomma,
è più bravo a gestire
i propri soldi».
Nessun rischio che alla fine
si paghi di più?
«No, con il federalismo si risparmia.
Anche perché si introduce
una volta per tutte
il concetto di responsabilità
diretta. I vari amministratori
saranno infatti costretti a
metterci la faccia, senza scaricare
le colpe ad altri, allo
Stato. Dovranno spiegare
quindi le loro scelte agli elettori
che potranno portarli,
in un certo senso, al “patibolo”.
Tra l’altro, non va dimenticato
che oggi, soprattutto
al Sud, c’è gente che
paga cifre altissime senza
avere in cambio servizi adeguati.
E poi, c’è pure un altro
vantaggio».
Quale?
«Con questo schema,
si contrasterà
meglio l’evasione
fiscale».
Chi se ne occuperà?
«I sindaci».
In che modo?
«Oggi, in genere,
se ne fregano se
un concittadino
evade, perché alla
fine il denaro
che gestiscono
proviene soprattutto da Roma.
Ma quando le entrate
arriveranno dal territorio,
allora sarà loro interesse
andare a scovare chi fa il
furbo.E si sa, se pagano tutti,
si paga di meno».
I primi cittadini, sembra di
capire, avranno quindi ampi
margini di flessibilità.
«Certo, i Comuni manovreranno
liberamente in base
alle loro esigenze. E se lo riterranno,
ad esempio, potranno
anche non calcolare
l’equivalente della vecchia
Ici, ossia la tassa sulla proprietà,
per definire il tributo
unico».
In generale, qual è la tabella
di marcia?
«Entro la fine del 2008 dovrà
essere approvata dal
Parlamento la legge delega
sul federalismo fiscale, che
fissa i punti chiave
e le linee di
principio. Da gennaio,
invece, si lavorerà
sui decreti
delegati. Uno di
questi, ad esempio,
riguarderà
proprio il tributo
comunale sulla casa.
Ma prima che
diventi tutto operativo,
ci sarà una
fase transitoria,
un periodo cuscinetto
di qualche
anno».
A proposito di federalismo, quando sarà pronto il testo definitivo?
«Lo metteremo a punto a inizio settembre, in Puglia, nella terra del ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto».
Ma non dovevate andare sull’Etna?
«Sì, l’ipotesi iniziale era questa. Ma poi abbiamo cambiato idea, anche perché la Sicilia è a statuto speciale».
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