Angelo Allegri
da Milano
Mps, torna in campo Francesco Gaetano Caltagirone. Lo fa con una dichiarazione raccolta a margine di un convegno: «Il Monte dei Paschi sta andando bene. Credo che abbia digerito completamente qualche problema del passato e che abbia tutte le potenzialità per guardarsi attorno nell'evolversi della situazione bancaria italiana». Poche parole, all’apparenza casuali. Ma è la prima volta che il costruttore romano torna a esprimersi sul futuro dell’istituto senese, dopo le tensioni legate al caso Bnl, in cui la strada del Monte ha finito per allontanarsi non poco da quella dello stesso Caltagirone.
Ora il primo socio privato di Mps (ha più del 4% del capitale), sembra volere ufficializzare la chiusura con le vicende trascorse e riaprire il dialogo pubblico con la Fondazione che controlla l’istituto. Il tutto in una situazione che per almeno due aspetti è ben diversa da quella di qualche mese fa. Per prima cosa l’altro grande azionista privato, Chicco Gnutti, negli ultimi anni tradizionale «sponda» della Fondazione Montepaschi, appare ormai fuori gioco. In seconda battuta il numero uno della Fondazione Giuseppe Mussari deve fare i conti con la regola che limita al 30% del capitale i voti a disposizione del socio pubblico. Una norma che gli enti interessati sono decisi a contestare in sede giudiziaria e che qualcuno in parlamento vuole già cambiare, ma che per il momento c’è.
Comprensibile dunque la volontà di Mussari di prestare la massima attenzione all’azionista Caltagirone. Il quale a sua volta, incassate le laute plusvalenze di Bnl (superiori ai 250 milioni), è plausibile non voglia essere tagliato fuori dal risiko bancario prossimo venturo. In proposito le voci e le ipotesi che riguardano il Monte dei Paschi non si contano più. Ultime in ordine di tempo quelle legate all’intervista concessa un paio di giorni fa al Corriere della Sera dal numero uno dell’Acri (l’associazione che riunisce le fondazioni bancarie), Giuseppe Guzzetti. Guzzetti, da tempo in ottimi rapporti con Mussari, ha espresso la disponibilità delle Fondazioni a fare un passo indietro e a diluire le proprie quote per favorire lo sviluppo degli istituti controllati. Certo a Siena ipotesi di questo tipo suscitano ancora sdegnate reazioni.
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