Il calvario in corsia di Filomena la paziente operata 552 volte

Si è spenta nell’ospedale di Mesagne la donna vittima, 20 anni fa, di una rara patologia

da Brindisi

La pelle ferita, il cuore sereno. «Vivere è bello», ripeteva nonostante le sofferenze, la febbre altissima, le cicatrici, le piaghe che si chiudevano e riaprivano come fosse stata esposta alle radiazioni di una bomba atomica. Ma lei, Filomena Carriero, 44 anni, non ha mai mollato; al contrario, ha proseguito in una lunga e coraggiosa battaglia contro la terribile malattia che l’ha colpita, ha lottato e non ha perso la speranza fino all’ultimo, fino a quando il suo cuore ha smesso di battere per sempre qualche giorno dopo l’ennesimo intervento chirurgico in anestesia totale: quello numero 552, eseguito all’ospedale San Camillo De Lellis di Mesagne, dove un tempo lavorava come infermiera. Qui, in questo piccolo centro della provincia di Brindisi, non l’hanno mai abbandonata neanche per un attimo: le sono sempre stati accanto, l’hanno assistita e l’hanno operata anche due volte in un giorno facendo il possibile per abbassare la temperatura che schizzava anche fino a 43 gradi.
Filomena Carriero si ammalò vent’anni fa, quando all’ospedale Di Summa di Brindisi fu sottoposta a una dose elevata di radioterapia dopo la scoperta di un tumore. Troppo alta, quella dose. All’inizio accusò un ispessimento della pelle nella zona addominale, quella colpita dalle radiazioni; il trattamento fu sospeso, dopo due anni l’infermiera riuscì a tornare al lavoro, ma più in là, nel 2003, le sue condizioni si aggravarono: comparve una piaga sulla pancia, cominciò la lunga serie di interventi chirurgici a causa del ripetuto indurimento della cute e della febbre altissima. Prima, però, i viaggi della speranza da un ospedale all’altro, al Policlinico di Bari e al San Raffaele di Milano, dove i medici diagnosticarono la malattia: panniculite post-attinica, sette casi in tutta Europa e sei pazienti già morti, un quadro clinico drammatico, sintomi simili a quelli delle persone esposte alle radiazioni di Hiroshima e Nagasaki dopo la bomba atomica. In poche parole: nessuna speranza. Ma lei la speranza non l’ha mai persa.
L’infermiera tornò a Mesagne, dove fu presa in cura dal chirurgo Vincenzo Valentini. «È il mio angelo custode», ripeteva la donna, che ha affrontato il suo calvario con coraggio, sorretta dalla fede. Lei, devota di Padre Pio, ha raccontato di aver sognato diverse volte il Santo di Pietrelcina: nelle apparizioni – spiegava - il frate delle stimmate le indicava i momenti in cui sarebbe stato necessario un nuovo intervento chirurgico. Proprio dopo una di queste visioni Filomena invitò il medico a rimuovere alcuni frammenti di garza sterile: le cicatrici erano asciutte, ma i frammenti c’erano.
Le operazioni erano all’ordine del giorno, a volte anche due in un giorno, tutte eseguite d’urgenza. «In pochi minuti – racconta il chirurgo, Valentini – eravamo in grado di allestire una sala operatoria e intervenire. Dopo la prima volta abbiamo notato che rispondeva alla terapia – prosegue – e così siamo andati avanti. Gli altri pazienti colpiti dalla stessa malattia – osserva – sono deceduti dopo pochi mesi, questo invece è un caso che non so neanche spiegare». Il medico sottolinea la grande forza d’animo della paziente.

«Di certo ha capito – spiega - che qui tutti le erano vicino, ha avuto l’assistenza continua che si può ricevere solo in un ospedale piccolo come questo: da un momento all’altro si mobilitava tutta l’equipe e si eseguiva l’operazione».

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