Un nuovo giornale? No, un Giornale nuovo. Guardate bene la testata: è cambiata, ma è rimasta la stessa. I medesimi caratteri in una cornice più moderna: e qui c’è la sintesi di tutto quello che succede oggi. Perché ci trasformiamo? Semplice: per rimanere fedeli alla nostra tradizione. Per mantenere vivo lo stesso spirito con cui questo quotidiano nacque, ormai 35 anni fa, e renderlo più incisivo in tempi così diversi. Siamo convinti che oggi come allora ci sia bisogno di una mappa, di una guida, di un tomtom-navigatore satellitare per districarsi in momenti che sono di grande confusione. C’è bisogno di trovare la via per uscire dalle difficoltà, senza andare a sbattere contro il primo incrocio o imbucare un senso vietato.
Questo Giornale èstato fondato, negli anni Settanta, proprio per questo motivo. C’era un’Italia confusa, disorientata, ubriaca di parole d’ordine sbagliate. Da queste colonne uscirono messaggi di buon senso che, comespiragli di luce, aprirono la strada che ci portò fuori dagli anni bui. I lettori dal primo numero, che sono tanti e ci seguono con un affetto senza pari, lo sanno quant’era rischioso in quegli anni uscire con il nostro quotidiano in tasca. Sanno che il solo fatto di leggerlo pubblicamente metteva in pericolo l’incolumità personale. Loro però non hanno avuto paura. Hanno rischiato, ci hanno creduto e hanno avuto ragione.
Oggi quelli che allora stavano coi katanga, sfilavano con l’eskimo e la chiave inglese, e inneggiavano Maotsetung, ci danno ogni giorno lezione di liberalismo e democrazia. Ma se li ascoltate bene vi accorgerete che in realtà recitano soltanto formule imparate a memoria perché non sanno che cosa dire. Le loro ideologie sono state sconfitte, i loro puntidi riferimento sonoscomparsi, non hanno proposte, non hanno idee, non hanno ricette, vagano come piume in un tornado, oscillando tra inesistenti riformismie richiami della foresta, voglia di dialogo e desiderio di un nuovo Sessantotto, garantismo e giustizialismo, moderazione e girotondi senza ragione. Stanno sulle cattedre, parlano in Tv, scrivono libri. Ma è come se usassero un tuttocittà vecchio di decenni :non si ritrovano nelle vie del mondo nuovo. Si perdono. Infilano strade senza uscita. Vanno a sbattere rovinosamente. È ora di prendere in mano una cartina più aggiornata. È ora di accendere il tomtom.
E chi altro può farlo se non quelli che, come voi, cari lettori, la strada giusta l’avete sempre capita, e letta, e seguita? Ma riuscire a tracciare una mappa per uscire dalla confusione di questi periodi difficili non è interesse solo di una parte: è interesse di tutti, al di là degli schieramenti e del voto. Ecco perché oggi cambiamo veste rimanendo noi stessi, e facciamo partire un’importante campagna pubblicitaria. Perché siamo convinti della bontà delle idee che su queste colonne da sempre si sono affermate. E pensiamo che mai come oggi sia interessante farle conoscere a più persone possibili.
Come tutti quelli che si presentano a un appuntamento importante, dunque, ci siamo messi un vestito nuovo. Speriamo vi gusti. È un vestito non troppo appariscente, com’è nelle tradizioni della casa, ma sufficientemente alla moda per piacere a tanti. Fuor di metafora, abbiamo cercato di coniugare l’ordine e il rigore con la vivacità, la sobrietà con le esigenze diun giornale moderno che inevitabilmente è anche «visivo».
Il cambiamento più importante riguarda la testata: per la prima volta in Italia un grande quotidiano d’informazione introduce il formato già in uso all’estero, da The Guardian a Le Figaro, con lo sfondo colorato e la scritta a «bucare». Accanto alla testata nuova in blu scuro, il ritorno del Controcorrente, che come sempre sarà frutto di un lavoro redazionale, coordinato e guidato dall’ironia e dalla bravura del nostro Mario Cervi, che è stato tra i fondatori di questo quotidiano. Ecco: ci risiamo: la tradizione che incontra la novità, il passato che diventa futuro, le radici da trovare per affrontare le nuove sfide. Si riparte da qui.
Siamo convinti infatti, che dentro la storia di questo giornale, dentro il coraggio di voi fedeli lettori, dentro le ragioni di chi ha avuto ragione, ci siano gli strumenti per uscire dalle grandi difficoltà di oggi, la crisi finanziaria, la recessione mondiale, ma anche il nostro bisogno di riforme profonde, la scuola da cambiare, il welfare da ripensare, il mondo del lavoro da ristrutturare. Questa convinzione ci dà ottimismo. Ce l’abbiamo fatta allora, ce la faremo oggi. E per questo abbiamo pensato di spargere qua e là per il Giornale dosi sufficienti di fiducia e di dedicare questa nuova stagione a quelli che «credono nell’Italia». Pensiamo che ce ne sia bisogno. In un Paese sempre più bombardato di notizie ansiogene, sempre più travolto dal pessimismo, sempre più sull’orlo del panico, crediamo che sia necessario distribuire anche segnali di speranza, ottimismo critico, positività del buon senso.
Lo faremo con le notizie, con le inchieste (come le nostre pagine 2-3 oggi contro il disfattismo), con le storie (come quella che ci racconta il nostro Damascelli). In più, poi, abbiamo chiesto aiuto anche a una serie di personaggi celebri, che nella loro vitahanno superato grandi difficoltà: abbiamo chiesto loro di darci una mano, testimoniando, con la loro esperienza, che «ce la possiamo fare». Oggi comincia Valentino Rossi, che ci ha mandato il pezzo dopo la vittoria al Motomondiale. Poi ci saranno Sergio Marchionne, Fiorello, Susanna Tamaro, Jovanotti, Andrea Bocelli, Federica Pellegrini, Pupi Avati, Rino Gattuso e tanti altri. Con loro, oltre che con le firme del Giornale (l’argenteria di famiglia, come la chiamava Montanelli, che anche oggi potrete apprezzare in abbondanza da Michele Brambilla a Alberto Pasolini Zanelli, da Stefano Lorenzetto a Giancarlo Perna, da Maria Giovanna Maglie a Giordano Bruno Guerri, da Paolo Granzotto a Antonino Zichichi e chiedo scusa a tutti gli altri...), cercheremo di mantenere fede all’impegno: un Giornale che non perda nulla della sua cattiveria, della sua capacità di scavare, di rompere le scatole e di fare inchieste (a proposito: oggi non perdetevi quella sui comuni), ma che dia a tutti anche la possibilità di respirare un po’ d’aria fresca. Ce n’è bisogno. E ci aiuterà a superare anche questo momento difficile.
Ci abbiamo creduto nei tempi più duri e abbiamo avuto ragione. I nostri lettori lo sanno. E voi, che siete nuovi, ve ne accorgerete: basta che ci seguiate per qualche giorno, e poi sono sicuro che non ci lascerete più.Mario Giordano
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