Cambiare scuola non c’entra con il razzismo

(...) scolastico, perché - insegnanti di sostegno o no - i progressi della classe sono condizionati dalla necessità di promuovere il profitto di tutti (o almeno di quasi tutti). Nella prospettiva ormai ineluttabile che la percentuale di popolazione extracomunitaria a Milano continui ad aumentare, e che con la nuova e più generosa politica dei ricongiungimenti familiari annunciata dal governo Prodi aumentino anche i ragazzi nati e in parte cresciuti all'estero e costretti perciò a ricominciare la loro preparazione di base da capo, il problema si fa di anno in anno più critico. La criticità aumenta con il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, dove sia le differenze culturali, sia i livelli di preparazione hanno una importanza maggiore.
L'integrazione degli immigrati, e soprattutto delle seconde generazioni, è una conditio sine qua non per evitare che, nei prossimi anni, anche Milano vada incontro a problemi simili a quelli che hanno afflitto di recente le banlieu francesi o le città inglesi delle Midlands. La decisione di tanti genitori milanesi di non partecipare al processo, sottraendo i propri figli al contatto quotidiano con i figli degli immigrati, può dunque apparire - e sicuramente sarà da qualcuno bollata come - una fuga dalle responsabilità. Ma qui bisogna aprire un dibattito su chi è tenuto a fare che cosa. Le autorità pubbliche hanno il dovere di fronteggiare come meglio possono questa emergenza, per cui non esistono precedenti nel nostro Paese, e se ci riescono al cento per cento come sembra che avvenga in certe scuole possono anche evitare o rallentare la fuga degli italiani verso il privato.

Al singolo cittadino, tuttavia, rimane il diritto di decidere per i propri figli quello che ritiene più giusto; e se vuole tentare di sfuggire al «melting pot», alla scuola multietnica e magari multireligiosa dove si discute la presenza del crocifisso e magari (caso recentissimo) si salta la preghiera del mattino per non offendere nessuno, ne ha tutti i diritti anche ricorrendo all'arma del danaro.

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