Cameron cede il trono per il voto cattolico

Rieccoli, i papisti. Oltretutto portati in palmo di mano da un anglicano convinto. Ma David Cameron non può permettersi defezioni, il suo governo già è di coalizione, e già ha subito troppe critiche, contestazioni, manifestazioni di piazza. E allora ecco l’idea, visto che tanto si parla di nozze ed eredi: diamo la possibilità anche ai cattolici di salire al trono d’Inghilterra o almeno di entrare a corte, sposando un membro della famiglia reale. Riapriamo la monarchia ai papisti, come ai tempi degli Stuart.
Cameron non stava scherzando. Non solo il Settlement Act, cioè la legge che sancisce il bando del Palazzo ai cattolici e pure il privilegio degli eredi maschi nei confronti della corona, è stato messo sotto accusa più volte; ma il momento politico non consente al premier di trascurare nessuno, tanto meno il favore dei cattolici. Che non è irrilevante. I devoti alla chiesa di Roma sono il nove per cento della popolazione. E i loro voti hanno già contato molto, come quelli degli anglicani: la Big Society, lo slogan vincente del premier, si basa anche sulla collaborazione fra la politica e la società civile, cioè innanzitutto gruppi di volontariato e religiosi. Ma è proprio la Big Society il problema: l’altro giorno l’arcivescovo di Westminster Vincent Nichols ha criticato il governo in una intervista al Sunday Telegraph, invitandolo a non sfruttare il progetto come «un mantello per mascherare i tagli alla spesa pubblica». Insomma l’alto prelato cattolico è scontento: proprio lui che tanto aveva sostenuto il programma, dopo un anno si è accorto che il governo si starebbe «lavando le mani» dei problemi delle comunità locali, scaricando le responsabilità sui volontari.
Le parole dell’arcivescovo Cameron le ha sentite benissimo. Tanto da replicare a distanza ravvicinata, con la proposta di modificare il Settlement Act, vecchio di trecento anni. Tanta sollecitudine è sospetta? Non è tutto. Le conversioni degli anglicani aumentano. Da poco si è tenuto l’Election Rite, dove quasi cinquemila fedeli della chiesa d’Inghilterra si sono preparati al rito di passaggio al cattolicesimo. E a Pasqua novecento anglicani, fra cui sessantuno pastori, si convertiranno definitivamente. Cameron non li vuole deludere. Certo non può nemmeno permettersi di perdere i voti anglicani, lui che della religione nazionale è un devoto, tanto che in occasione della visita di Benedetto XVI, lo scorso settembre, non è stato zitto di fronte alle critiche del Papa alla società britannica troppo secolarizzata. E in passato aveva sempre escluso una revisione della legge di successione. I rapporti fra il nuovo governo e la Santa Sede parevano molto meno idilliaci di quelli dei predecessori laburisti, Tony Blair (che una volta tornato comune cittadino si è convertito al cattolicesimo) e Gordon Brown (fu proprio lui a invitare il Pontefice). E invece no, appena prima delle nozze di William e Kate e del referendum sul sistema elettorale, Cameron ha riscoperto la vocazione ecumenica.
Il vice Nick Clegg già si è mosso per modificare la legge salica e dare accesso al trono alle primogenite femmine; ora il premier apre anche la corona ai cattolici. I tempi comunque non sarebbero brevi (la riforma andrebbe discussa, oltre che con Sua Maestà, con tutti i governi del Commonwealth) e c’è un dettaglio non da poco: il sovrano è anche capo della chiesa d’Inghilterra.

È vero però che il bando è particolarmente pesante, visto che chiude ai cattolici anche le porte di Buckingham Palace: tre anni fa la canadese Autumn Kelly è stata costretta a convertirsi per sposare il nipote della Regina Peter Phillips. Un obbligo anacronistico, come il privilegio ai figli maschi nella successione. Perché poi libero trono, libero voto.

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