Cameron sceglie l’isolamento ma spacca il governo di Londra

Cameron sceglie l’isolamento ma spacca il governo di Londra

LondraDopo un cauto silenzio fioccano i rimbrotti. Al viceprimo ministro liberaldemocratico Nick Clegg non è proprio andata giù quella porta sbattuta in faccia dalla Gran Bretagna ai Paesi dell'Unione Europea. E quel gesto che tanti suoi colleghi hanno ritenuto così coraggioso da parte del Premier conservatore, secondo Clegg non ha fatto che mettere il Regno Unito in una posizione molto pericolosa. «Il nostro Paese deve fare tutto quanto è possibile per ricostruire la sua relazione con l'Europa - ha infatti dichiarato ieri ai giornalisti - piuttosto che allontanarsi per sempre». Gettando alle ortiche la cautela delle dichiarazioni delle prime ore, Clegg ha chiarito di non essere affatto d'accordo con il primo ministro sul fatto che rifiutare di sottoscrivere la riforma dei trattati possa in qualche modo mettere al sicuro la City da eventuali ingerenze esterne. Anzi. La decisione di porre un veto si è tradotta in un reale rischio di isolamento. Proprio per questo motivo ha promesso di fare quanto è in suo potere per assicurarsi che una frattura temporanea non diventi una separazione permanente. Nelle sue dichiarazioni di ieri Clegg è apparso quindi decisamente più critico nei confronti di Cameron di quanto lo sia stato in principio pur concedendo che il suo tentativo di negoziazione era del tutto «ragionevole». Clegg ha inoltre ammesso che Cameron era ostaggio del suo partito e quindi non avrebbe potuto permettersi di presentare al suo Parlamento l'accordo firmato a Bruxelles. La posizione intransigente di Francia e Germania, di segno opposto ed eguale a quella dei Tories, ha fatto il resto.
Il disaccordo di fondo con il Premier rimane però sul risultato finale della trattativa. Per Cameron il veto del Regno Unito significa la salvezza della finanza, per Clegg si traduce in una perdita di potere della City londinese anche a Washington. «I conservatori che adesso stanno festeggiando sono vittima di un grande equivoco - ha affermato Clegg -. Non ritengo che quello che abbiamo fatto sia una buona cosa per il lavoro, per la City o per qualcun altro». Assumendo una posizione molto più dura che in passato, il vice Premier ha anche dichiarato che per la Gran Bretagna è giunto il momento di recuperare la propria leadership in aree di competenza come i mercati e la difesa. Nello stesso tempo la questione sul futuro delle relazioni con l'Unione Europea è ben lungi dall'essere chiusa. «Anziché ritirarci ai margini - ha promesso Clegg - dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per rimanere protagonisti. La Gran Bretagna ha ancora voce in capitolo, soprattutto per dire se i 26 Paesi rimasti possano utilizzare le istituzioni già esistenti come la Commissione Europea o la Corte Europea di Giustizia». E questa voce, secondo Clegg, dev'essere usata ora per consentire alla Gran Bretagna di rientrare nel dibattito.
Vedremo a questo punto quanto la posizione del leader Lib-dem verrà presa in considerazione dal resto della coalizione, poiché il nocciolo della questione sta tutto qui. Se i Conservatori lo ascoltassero, il gelo tra Bruxelles e Londra potrebbe anche sciogliersi. È però troppo presto per dirlo.

Ieri il ministro degli Esteri Hague ha replicato che Clegg aveva dato appoggio completo alla posizione che Cameron avrebbe preso al summit negando che il rifiuto britannico abbia messo in pericolo l'indipendenza della City. E all'opposizione il disaccordo tra Clegg e i conservatori non fa altro che dimostrare la debolezza del primo «che rimane nella coalizione ma senza alcun effettivo potere».

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