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Camilleri segregato nella casa chiusa

È in uscita «La pensione Eva». Libro in cui lo scrittore siciliano si prende una «vacanza narrativa» per festeggiare gli 80 anni

Con gli attrezzi linguistici di sempre - un siciliano familiare e felicemente inquinato da invenzioni vocali - Andrea Camilleri s’inoltra in un terreno troppo frequentato e rischia di farci dire: «Ma questo l’ho già letto e sentito». Il giardino narrativo è il bordello, luogo di ombre e profumi forti dietro le persiane, di umilianti promesse fatte a sé con l’alibi di farle anche agli altri, di imprevedibili amori e amorazzi, di stranezze sessuali e di malinconie. S’intitola La pensione Eva (Mondadori, pagg. 188, euro 14, in libreria dal 17 gennaio) questo singolare romanzo corale che si snoda attorno a Nenè, il protagonista, e ai suoi amici. Diciamo «singolare» in quanto crediamo a quanto l’autore scrive nella «nota» finale, ossia che le pagine sono il frutto di una «vacanza narrativa» in occasione dei suoi 80 anni. Lui stesso, disinvolto nei romanzi storici e nei gialli, ammette che il racconto è «fortunatamente inqualificabile».
Una treccia di memorie che scende, a volte dolcemente a volte impedita da qualche nodo, sulla schiena della ricostruzione fantastica. S’inizia con il racconto, acuto e delicato, dei primi batticuori del ragazzino Nenè, troppo «nico» (piccolo) per gustare le gioie dell’amore fisico, ma sufficientemente ardente da non rinunciare al fiato caldo e rassicurante della cuginetta Angela, che si spoglia e lo fa spogliare in un solaio: il gioco del dottore diventa intimità anche di cuore e di mente, e sparge i semi non solo dell’innamoramento ma anche di quella pulsione alla vita che il respiro corto dinanzi a un corpo femminile riassume con rozza efficacia.
Ma Nenè, e con lui i suoi amici (siamo nella Vigata immaginaria del Camilleri «padre» del commissario Montalbano), guarda alla pensione Eva come si guarda alle promesse dell’età adulta. Con uno stratagemma ci entra non avendo l’età giusta e comincia a «capire qualichi cosa di la vita». Coglie «giovani fiori» e lo fa - la citazione è proustiana - «con una soddisfazione da botanico». Ma Camilleri purtroppo lascia solo il ragazzo, non segue la sua formazione tra le picciotte «buttane». L’abbandona perché sedotto dal labirinto dell’aneddotica: la prostituta che ha visioni «sante», il cliente che si soddisfa succhiando caramelle insalivate dalla donna sul cui ventre poggia il capo. Non manca nemmeno il vizioso che si traveste da suora e si confessa davanti alla prostituta. Quadretti di vita che si agitano a un ritmo alla Ridolini.
La pensione Eva, sorta sui resti di un tempio greco, dovrebbe avere un imprinting magico. Ma la magia, si sa, è nella testa di chi vi entra, nello «sciauro» (profumo) di donna, soprattutto quello della bella e innamorata Lula che s’imprime negli abiti di chi l’abbraccia e pure nella mente di chi la desidera a costo di mutare drammaticamente la propria vita.

Il bordello pulsa fino a quando non cadono le «bombe miricane»: c’è lo sbarco degli alleati, c’è la polvere delle rovine, c’è frenesia sessuale di chi avverte la fine di un’epoca se non addirittura del mondo. E Nenè si ritrova diciottenne dinanzi a macerie.

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