La politica ha regole ferree come la matematica e gli scacchi. Per questo, Berlusconi ci è sembrato estremamente concentrato, come uno che sta giocando una partita storica per il futuro della politica. Secondo le interpretazioni banali, Veltroni e Berlusconi hanno raggiunto un accordo sulla legge elettorale. Secondo l’interpretazione più autentica, i due hanno raggiunto un accordo sul fatto che entrambi vogliono due partiti antagonisti e all’occasione alleati: un partito moderato liberale e un partito moderato socialdemocratico capaci di fare massa critica e risucchiare il consenso dai partiti minori. Ciò spiega l’alto livello di malumore che ieri si registrava fra i partiti di seconda e terza fila dell’una e dell’altra parte, mentre a Palazzo Chigi tirava aria da funerale, neanche di prima classe.
La questione è che i due leader dei maggiori partiti di fatto hanno dato Prodi per morto senza neanche includerlo nella trattativa, dopo che quest’ultimo ha fatto carte veramente false per pagare pedaggio sul Welfare a Lamberto Dini, mettendolo sul conto dell’estrema sinistra livida, ma incapace di rompere per questioni di sopravvivenza.
L’incontro di ieri punta alla nuova legge elettorale, che si prospetta come un paté di legge spagnola e tedesca, paella con crauti, visto che il referendum con la sua mannaia si avvicina. Noi pensiamo che Berlusconi consideri la legge elettorale importante ma secondaria rispetto all’obiettivo di andare a votare subito e con un bipartitismo avviato a spese delle vecchie coalizioni bipolari. A sinistra Veltroni è costretto a recitare la giaculatoria secondo cui si devono fare molte e importanti riforme per non scontentare i suoi e tendere una mano tattica a Casini e a Fini. Berlusconi risponde con un garbato ma fermo no all’ipotesi di un governo che, con la scusa di fare altre riforme oltre quella elettorale, allunghi la broda e non porti al voto rinviandolo alle calende greche. Veltroni lo sa ed è d’accordo: ma non lo può dire perché è condannato a negare di volere a sinistra la stessa cosa che Berlusconi vuole a destra e cioè elezioni che riducano drasticamente il peso degli alleati.
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