I tratti del volto, la carnagione olivastra, le sopracciglia forti e cespugliose: solo con molta immaginazione potrebbero richiamare unorigine vagamente orientale. Eppure, Hamayoun Amiralai, o almeno quellanziano camoglino che dice di chiamarsi così, continua a professarsi figlio primogenito del defunto Scià di Persia, Reza Pahlevi, frutto di una fugace relazione del monarca iraniano con una piacente suddita dellimpero britannico. Ma a chi riceve le sue confessioni riesce difficile valutare quanti quarti di nobiltà vadano attribuiti a uno come lui che vive in un baracca abusiva di due metri per uno e settantacinque, ai margini di via Molfino, la carrozzabile che collega le due frazioni di Ruta e San Rocco di Camogli allinterno del parco di Portofino. Hamayoun sta così da sei anni, da quando, dice sempre lui, gli hanno bruciato per ben due volte la casa precedente, fino a distruggerla. A quel punto, sè deciso a trasferirsi in unaltra residenza. E già che cera ha scelto un posto mica male, in unarea protetta, ampio panorama, vista mare, pace, tranquillità e atmosfera assicurate, compreso il cinguettio degli uccelli al sorgere del sole.
«Qui ci starò benissimo» ha deciso. Poi sè rivolto a un amico che, a tempo perso, gli ha tirato su pareti e soffitto. Date le dimensioni, non ci deve aver messo granché, ma si è giustificato dicendo al sedicente discendente della reggia del Pavone: «Vedrai, con questa metratura, non ti rompe nessuno. Manco se ne accorgono che la dimora è abusiva. E poi, tranquillo - ha aggiunto lartigiano muratore -. Il terreno è del demanio. Puoi star sicuro che non lo rivendica nessuno, né domani né mai». Dettaglio fasullo, giacché il demanio non centrava niente, mentre centrava, e soprattutto centra tantissimo, la proprietaria effettiva, una signora di Valmadonna nellAlessandrino. La quale - colmo del paradosso - sè accorta della baracca del figlio dello scià (?) nel momento in cui le hanno recapitato uningiunzione di demolizione del fabbricato abusivo. Con tanto di ultimatum: entro marzo la questione devessere risolta, pena pesanti sanzioni amministrative e penali in caso di inadempienza, esattamente come se si trattasse di villa con piscina, parco privato, sala fitness e percorso vita. E poco importa se si tratta di baracca con lamiera, servizi esterni (nel bosco, ultima quercia a sinistra), acqua corrente fredda e gelida direttamente dal tetto quando piove. La legge è legge e non fa sconti, al massimo condoni. Ma nel caso dellabitazione di Hamayoun il condono edilizio non è più praticabile per scadenza dei termini. Né linquilino che si crede proprietario avrebbe comunque intenzione di pagare: «Io di qua non mi schiodo» conferma il clochard reale, di ritorno da un breve soggiorno in Francia e Belgio (da lì sì che lhanno sfrattato in un amen).
Mostra i conti della spesa: «Per metter su casa ho dovuto spendere, allepoca, 500mila lire di materiale. Poi ho dovuto aggiungere altrettanto per montarla. Alla fine ci sono anche voluti i ritocchi. Insomma, più di un milione, ci pensate? E ora mi dicono di buttarla giù. Non ci penso nemmeno. Loro non sanno chi sono io, ma la vedranno!». Hamayoun, che resta in fiduciosa attesa delleredità miliardaria (in euro) dello scià, minaccia di far intervenire «qualcuno da molto in alto». E se a tutelarne gli interessi non sarà, ormai, Reza Pahlevi e nemmeno potranno farlo i discendenti riconosciuti, il rampollo camoglino di sangue reale minaccia comunque sfracelli. Cioè, di fare ricorso. Teoricamente improponibile, ma con i tempi medi della Giustizia, prima che la magistratura se ne accorga, valuti, si pronunci, respinga listanza, faccia trascorrere i tempi per lappello, se ne accorga, valuti, si pronunci, respinga listanza...
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