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Campagne addio, il mondo è una megalopoli

Secondo il rapporto Onu dal 2008, per la prima volta nella storia, più della metà della popolazione mondiale sarà concentrata nelle aree urbane. Espansioni incontrollate nelle baraccopoli africane e asiatiche: oltre un milione di abitanti in più a settimana

Campagne addio, il mondo è una megalopoli

La corsa degli ultimi si ferma qui, ai margini di una grande città. Nelle favelas i sogni si sporcano di fango e lamiera. La metropoli ha vinto, come un animale vorace e gigante ha attirato plebi e popoli, emigranti e viandanti, gente senza nulla e miliardari, fortune e sfortune. La metropoli ha vinto mischiando il bello e il brutto, le case che sfiorano il cielo, gli attici di vetro, i monolocali al centro, il marmo e la storia con le lamiere scavate dal sole, strade marce, case basse e putride, stanze dove si dorme in otto, donne violentate, disordine e malavita. I sogni nelle favelas, nelle bidonville, negli slum restano in periferia, dove anche l’aria che si respira ha un odore diverso. La metropoli ha vinto senza risolvere nessuno dei suoi problemi. Hasolo svuotato la terra e le campagne, come un trasloco dissennato, sconclusionato. Più del 50 per cento della popolazione mondiale vive in città.

Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme già diverse volte prima, in particolare nel rapporto del 2003 sull’Habitat, sull’aumento dei bassifondi, dove si concentra un terzo della popolazione mondiale. Ma quello contenuto nel più recente rapporto dell’Unfpa è il messaggio più chiaro mai lanciato. Secondo lo studio, infatti, nel 2008 oltre 3,3 miliardi dei 6,6 miliardi di persone che vivono sulla Terra saranno urbanizzate, e il loro numero salirà a cinque miliardi nel 2030. La maggioranza sarà concentrata nei paesi in via di sviluppo, e in particolare nelle città lungo la costa che potrebbero finire sommerse per l’innalzamento delle acque provocato dal riscaldamento globale. «La crescita demografica e l’urbanizzazione stanno creando un pianeta di baraccopoli ». Un’esplosione senza freni e senza controlli. Si parla di cifre assurde: baraccopoli, favelas e quartieri poveri nelle città dell’Africa e dell’Asia stanno vivendo una espansione incontrollata, in crescita di oltre un milione di abitanti ogni settimana.

L’Onu avverte: il 2008 sarà una linea spartiacque nella storia umana; l’anno in cui l’equilibrio della popolazione si sposterà dalle zone rurali alle città. «La crescita delle città rappresenterà il singolo fattore di maggiore influenza sullo sviluppo nel 21˚ secolo - si legge nel rapporto - con la popolazione delle città africane e asiatiche che si raddoppierà nell’arco di 30 anni raggiungendo quota 1.7 miliardi di persone». L’autore del rapporto, George Martine mette in guardia: «È inutile cercare di controllare le crescite urbane fermando l’immigrazione. Siamo ad un bivio e siamo ancora in tempo a prendere decisioni che renderanno le città più sostenibili. Le politiche devono cambiare e bisogna realizzare investimenti e programmi adeguati». Mari Mollica Trentatré anime e tante mucche. Le uniche che possono permettersi ancora il lusso di risiedere a Morterone, il comune più piccolo d’Italia, secondo il censimentoIstat. Nemmenoil sindaco può abitarci: «Chi resiste è solo perché lavora in paese», spiega Giampietro Redaelli, il primo cittadino al quinto mandato. Lui, dirigente industriale in pensione, ha dovuto vivere altrove. Ma ci tiene ad amministrare Morterone, in provincia di Lecco, insieme ai suoi quattro assessori e dodici consiglieri comunali. «Facciamo volontariato. Non prendiamo una lira e dobbiamo sbrigare tutto noi, perché non esiste personale amministrativo. C’è solo una segretaria part-time».

Del resto tra gli abitanti, che per metà fanno di cognome «Invernizzi», due famiglie vivono di pastorizia, una gestisce l’unico ristorante. Altri fanno i muratori. E poi non rimane nessuno. «Se ne sono andati tutti negli anni 50, quando, dopo mille anni, è finita l’epoca della transumanza». Era l’unica attività che teneva vivo questo pugno di case ai piedi del Resegone. Oggi rischia di trasformarsi in un villaggio fantasma. La posta arriva una volta a settimana, niente scuola, né tabaccaio, né farmacia. Niente svaghi, c’è solo la chiesa. Che apre solo per la messa di domenica. I quattro ragazzi in età scolare si arrangiano in qualche modo per completare gli studi. E stessa sorte toccherà anche al pupo che è appena nato. «Ma se uno è innamorato di questo posto, non fa cambio nemmeno con Roma». Perché a rimanere in questo eremo, a quindici chilomentri di tornanti dal paese più vicino, ci sono anche dei vantaggi: «Pace totale, ambiente incontaminato. Non si muove una foglia, zero delinquenza ».

Gli unici problemi che hanno dovuto affrontare sono stati i piccoli danneggiamenti alla chiesa e alla Pro Loco che qualche teppistello ha fatto d’inverno, quando il paese è ancora più deserto del solito.

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