Campioni del mondo: la Ducati e Stoner, due ruote nella storia

Una casa italiana torna sul gradino più alto della classe regina delle due ruote, 33 anni dopo la MV Augusta. Casey: "Piangere? Roba da donne" 

Campioni del mondo: la Ducati e Stoner, due ruote nella storia

Motegi - Piangono tutti dentro al box: i meccanici, i responsabili della Bridgestone, gli uomini Ducati, mamma e papà Stoner. Tutti commossi e felici per l'impresa straordinaria di Casey Stoner, il secondo più giovane campione del mondo della massima cilindrata (dopo Freddie Spencer). L'unico che non piange è proprio lui, il quasi 22enne australiano (il 16 ottobre), «perché lo fanno le donne» dice lui. Piangono e fanno festa anche a Borgo Panigale, cuore emiliano di questo miracolo che ha umiliato, per di più in casa, i colossi nipponici che da trentatré anni la facevano da padroni; e piangono e brindano i mille e passa ducatisti che alle 7 si sono presentati in fabbrica per vedere sul maxi schermo il trionfo atteso. «Significato incommensurabile vincere il titolo a casa dei giapponesi» confermerà l’amministratore delegato di Ducati Holding, Gabriele Del Torchio, ringraziando tutti, a cominciare da questo ragazzino terribile ora in vetta al mondo.

Casey, domanda scontata: cosa prova in questo momento?
«È una sensazione quasi irreale, faccio fatica a trovare le parole. Vincere il mondiale è sempre stato il mio sogno, fin da quando ero bambino; riuscirci con tre gare di anticipo mi sembra qualcosa troppo grande, nemmeno immaginabile».

Siete partiti con la pista bagnata e avete finito con l'asciutto?
«Sì, è stata una gara molto difficile, ma quando ho visto Rossi in difficoltà, mi sono rilassato».

Negli ultimi giri?
«Avevo mille pensieri per la testa. Sinceramente, dopo le difficoltà delle prove, non mi aspettavo di conquistare il titolo in Giappone».

Sulla sua maglietta celebrativa c’erano otto nomi di piloti (Doohan, Gardner, Schwantz, Rainey, Rossi, Agostini, Sheene e Roberts).
«Sono i miei eroi, i miei idoli. Anche Valentino, che è stato un grandissimo rivale: mi dispiace che non si sia complimentato con me in pista, ma posso capire la sua amarezza».

È stata una stagione straordinaria con otto vittorie e tante prestazioni esaltanti: quale la gara più bella? E la più brutta?
«Ci crediate o no, la più brutta è questa di Motegi, perché è il mio peggior risultato stagionale... Il Gp più bello, invece, è quello degli Stati Uniti, perché sono stato sempre primo da venerdì a domenica».

Quando ha capito che avrebbe potuto vincere il mondiale?
«Dopo la vittoria in Cina mi sono reso conto di poter essere competitivo ovunque... e dopo il successo di Misano ho capito che avrei vinto il titolo».

L'anno prossimo cambierà il suo numero 27 con il numero uno di campione del mondo?
«Non ho ancora deciso.

Al 27 sono affezionato, ho corso sempre con quello ed è il numero della prima gara mondiale di Doohan. Ma anche l'uno è un bellissimo numero...».

E l'anno prossimo?
«Sarà più difficile. Per tutti, il pilota da battere sarò io».

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