IN CAMPO La temperatura dei Btp si raffredda grazie a voci di intervento della Bce

Due sedute di passione e di rinnovata instabilità, e un terzo giorno che stava ancora dispensando ribassi, fragilità e tensioni prima dell’inatteso colpo di reni finale. Comunque sia andata ieri, parlare di lieto fine non sarebbe appropriato. Non inducono all’ottimismo i timidi rialzi delle Borse (+0,2% Milano), nè il recupero dello spread Btp-Bund dal picco di 334 toccato in mattinata ai 318 punti dello score finale. La settimana archiviata dai mercati ha invece spazzato via le residue speranze che l’intesa sullo sblocco della seconda tranche di aiuti da 130 miliardi di euro alla Grecia potesse rafforzare il rally borsistico e raffreddare ulteriormente i differenziali di rendimento tra i titoli di Stato dei Paesi periferici e quelli tedeschi.
Alle preoccupazioni legate a un quadro congiunturale sempre più perturbato all’interno dell’euro zona e ai timori di una frenata globale dell’economia rafforzati dal deludente andamento dell’industria cinese, si vanno ora ad aggiungere le speculazioni legate a un possibile default della Spagna. Economisti ed analisti spiegano che l’economia spagnola «è messa peggio» di quanto si possa pensare. Willem Buiter, capo-economista di Citigroup, non ha usato mezzi termini: Madrid «non ha mai corso un rischio di default così alto». Un allarme riflesso della temperatura tra i Bonos e i Bund, con lo spread schizzato fino a quota 366 e con i rendimenti del decennale saliti al 5,53%. Livelli elevati che non sono neppure stati scalfiti dalle voci di un ritorno in campo della Bce, che avrebbe acquistato bond italiani e spagnoli. L’effetto-annuncio ha ristretto la forbice Btp-Bund, ha permesso ai mercati azionari di recuperare terreno, ma non ha aiutato i Bonos nè la Borsa di Madrid, l’unica in Europa a chiudere in territorio negativo (-0,86%).
Per la Spagna un pessimo biglietto da visita nel momento in cui si presenta alla comunità finanziaria asiatica proprio con l’obiettivo - lo stesso della prossima missione in Estremo Oriente del premier Mario Monti - di convincere gli investitori a puntare sul debito spagnolo. Il ministro iberico dell’Economia, Luis de Guindos, ha sottolineato da Singapore che fare un paragone con la situazione della Grecia rimane «un totale nonsenso» e che Madrid è «pienamente impegnata» con i target sul deficit», riferendosi all’obiettivo di un indebitamento al 5,35% quest’anno e al 3% il prossimo. Nè è mancata una sottolineatura sulla riforma del mercato del lavoro con cui si punta a rendere più produttive le imprese iberiche. «Questa - ha spiegato - è una riforma molto importante che i mercati dovranno valutare positivamente». Difficilmente Monti può presentarsi davanti ai big dell’Asia con qualcosa di meno, se vuole avere impegni concreti sull’acquisto di titoli di Stato.
Un’opera di moral suasion resa ancor più necessaria dall’exit strategy annunciata dalla Bce. Quando verrà a mancare la rete di protezione dell’Eurotower, i bond periferici rischiano di finire di nuovo nel mirino della speculazione. Il presidente dell’istituto di Francoforte, Mario Draghi, ha del resto bocciato ieri l’idea degli eurobond, giudicata prematura poichè il Fiscal compact (il Patto di bilancio) deciso a Bruxelles è più che sufficiente. «Se vogliamo proteggere il denaro dei contribuenti - ha spiegato Draghi - l’euro zona non deve diventare un’unione per il trasferimento di risorse, in cui uno o due Paesi pagano e il resto spende, con il tutto finanziato dagli eurobond comuni. Questa è una cosa che non può essere».
La prossima settimana l’attenzione dei mercati sarà concentrata sulla riunione dell’Ecofin, in programma venerdì, che dovrà decidere sul potenziamento del fondo permanente salva-Stati, l’Esm.

La Germania continua a insistere sulla necessità di non superare i 500 miliardi di euro di dotazione, ma una soluzione potrebbe essere trovata mantenendo in attività il fondo Efsf accanto al nuovo meccanismo di stabilità, che sarà attivato dal prossimo giugno.

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