Canguri e pallone

Si potrebbe andare ai rigori. Meglio evitare, visti i precedenti. Si potrebbe fare un gol subito, per poi gestire il vantaggio ed eventualmente chiudere il conto con il raddoppio finale, vedi alla voce Italia-Repubblica Ceca. Si potrebbe restare al buio fino all’ultimo minuto e vedere improvvisamente e felicemente la luce con un colpo di quelli che spesso riescono, più spesso ai nostri avversari. Oppure si potrebbe perdere. E allora niente pomodori, perché adesso, rispetto a Messico ’70, l’articolo ha raggiunto prezzi eccessivi di mercato. Ma interrogazioni parlamentari sì e talk show di ogni tipo e con tutti i tipi in televisione, al grido di «vergognatevi» e/o «andate a lavorare», così che gli azzurri, bravi, belli, eroici, uniti fino a oggi, lunedì ventisei giugno, ore sedici e cinquantanove minuti, alla fine rientrerebbero a casa in occhiali scuri e bavero alzato, cornuti e mazziati.
Tutto questo perché giochiamo contro l’Australia, Paese bellissimo, di natura selvaggia al punto che la vita quotidiana è una sfida continua, trappola pericolosa. Ma il football no, per favore. I downunder, i sottosopra, per via dell’equatore ovviamente, contano mille e duecento club, noi sedicimila cento e ventotto; loro hanno novemilaseicentoottanta tesserati, noi ottocentosettantaquattromilacinquecentotrentacinque e gli arbitri aussie sono tremila, i nostri ventitremilasettecentocinquantuno. Dunque i canguri con il pallone sono così tremendi? Massì, perché il calcio non è scienza, due più due spesso fa tre o anche cinque, eppoi, dopo i gironcini iniziali ecco che il mondiale ha cambiato trama conservando gli stessi attori. Con gli ottavi di finale è finito il tempo dei calcoli, dei punti in classifica, dei patti di non belligeranza. Chi c’è c’è e chi non c’è torni pure da dove è venuto. Il nervosismo di Lippi fa parte del repertorio di sempre, Bearzot riusciva a litigare addirittura con il suo più fedele amico ma leale giornalista (Franco Mentana), le reazioni veementi del «Vecio» durante Spagna ’82 contro i colleghi del Corriere della Sera furono la premessa al trionfo finale.
L’Italia si gioca oggi, comunque, una fetta grande della sua storia calcistica contemporanea che è soprattutto cronaca. Se la gioca contro un avversario indecifrabile ma proprio per questo pericoloso, come un serpente o un alligatore nella terra australiana. Se la gioca perché la squadra sembra compatta ma anche fragile perché deve rinunciare a un paio di elementi importanti, sia tatticamente, sia caratterialmente (Nesta e De Rossi) e non ha ancora risolto i soliti dubbi sugli attaccanti che escono ed entrano dalla formazione base, come nella porta girevole di un albergo. Ma tattica e tecnica nella partita secca possono essere elementi di margine e di materia giornalistica. Risultano decisivi, invece, i colpi di genio che ad esempio hanno permesso all’Inghilterra o all’Argentina (Cole, Beckham, Maxi Rodriguez) di risolvere situazioni assai critiche. Totti ha questi numeri nel suo repertorio ma anche Del Piero più utilizzato negli spot pubblicitari che in campo.

Alle cinque della sera l’Italia si fermerà di nuovo, per un’ora e mezza almeno.
Dentro o fuori, sì o no, il referendum del pallone non ammetterà altre letture. E i canguri torneranno a essere animali simpatici. O no?

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