Il libretto di Andrea Chénier - Dramma di ambiente storico/ scritto in quattro quadri da / Luigi Illica /musicato da Umberto Giordano - segna nel 1896 la prima collaborazione fra il compositore di Foggia e il drammaturgo di Castell'Arquato (Piacenza). Una collaborazione che proseguirà nel 1903 per Siberia, opera oggi negletta, che piacque a compositori francesi non certo facili come Gabriel Fauré e Camille Saint-Saëns e che meriterebbe attenzione, non solo per l'unico brano superstite nella memoria, la superba effusione di Stephana, Qual vergogna tu porti.
Nell'ultimo decennio dell'Ottocento e nel primo del Novecento, Illica (1857-1919) fu figura chiave nell'affermazione dei maggiori operisti italiani. Ben noto è il suo ruolo decisivo, soprattutto nel taglio drammaturgico e nella riduzione dei soggetti, per quattro capolavori di Puccini - a partire dalla collettiva Manon Lescaut (1893), passando poi in collaborazione con il raffinato verseggiatore Giuseppe Giacosa all'immortale trittico Bohème (1896), Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904). Meno conosciuta è la sua profonda cultura letteraria che segnò già nel 1892 le ultime speranze di gloria di Alfredo Catalani con Wally. Illica fu l'eclettico collaboratore di Mascagni nella fuga dal verismo di Cavalleria, inventore dell'espressionismo avanti lettera di Iris (1898), del salace ritorno alla Commedia dell'Arte con le Maschere (1901) e del simbolismo postremo di Isabeau (1911).
In una nota di apertura al libretto di Andrea Chénier pubblicato dall'editore Edoardo Sonzogno, Illica sottolineava di aver attinto il «personaggio» del poeta André Chénier da «dettagli di verità storica». Notizie attinte alle opere critiche di Henri de Latouche, primo scopritore-editore della poesia di Chénier, Arsène Houssaye, colui che definì il poeta francese «un greco nato verso l'ottantasettesima olimpiade», addormentato dalle Muse per duemila anni «per risvegliarsi fra noi», e Théophile Gauthier che in Chénier indicò la nascita della nuova poesia francese. Per l'erudizione di ambiente e costumi si servì della formidabile enciclopedia dei fratelli Goncourt, la Donna nel XVIII secolo. Licenze poetiche a parte (la vera innamorata del poeta Chénier non morì con lui sulla ghigliottina, ma sopravvisse e condusse vita brillante), i quattro quadri di Illica grondano vitalità. Basta solo scorrere l'elenco di coristi e figuranti previsto nelle scene d'assieme del primo, del secondo e della seconda parte del terzo quadro: «Dame, Signori, Abati, Lacchè, Staffieri, Conduttori di slitte, Ungheri volanti, Musici, Servi, Paggi, Valletti, Straccioni, Borghesi, Sanculotti, Carmagnole, Guardie nazionali, Soldati della Repubblica, Gendarmi, Mercatine, Pescivendole, Calzettaie, Venditrici ambulanti, Meravigliose (le Prostituite), Incredibili (le spie), Rappresentanti della Nazione, Giudici, Giurati, Prigionieri, Condannati, Ragazzi strilloni». Forse quella sera della trionfale «prima» di Chénier alla Scala, il 28 marzo 1896, il pubblico avvertì la relazione fra la Rivoluzione francese e le repressioni del secondo governo Crispi: la rivolta dei cavatori di marmo della Lunigiana, lo stato d'assedio in Sicilia in risposta all'occupazione delle terre da parte dei contadini affamati, gli attentati anarchici, e la fresca notizia della disfatta di Adua che fece cadere quel governo.
Il grande sfarzo storicistico non interessò Giordano già a partire dalla successiva collaborazione con Illica, Siberia. Il compositore non voleva che il libretto si appesantisse di eccessivi riferimenti storici al nichilismo e ai decabristi.
«Non faremo un'opera storica? Che importa! Ne verrà una non enfatica, piena di passione, di colore e di calore. (...) Via storia, via tutto: nient'altro che il semplice lirismo delle umane passioni». Una definizione che vale per tutto Giordano e il suo teatro in musica.
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