Riccardo Signori
Vincenzo Cantatore, domani tocca a lei. Ritenta il mondiale. Laspetta Johnny Nelson, il campione dei pesi massimi leggeri Wbo: 38 anni ma un buon pedigree. Preoccupato?
«Credo che il più preoccupato sia Nelson: ha la corona dal 1999, ha la responsabilità di difendere il titolo: questa è la tredicesima difesa. Attento il 13 porta male!».
Eppoi laspetta il ring di Roma, la sua città. In un incontro organizzato da sua moglie...
«Siamo abituati a organizzarci gli incontri in famiglia. Però combattere a Roma è una grande emozione e responsabilità: è il match della mia vita».
In Italia non capita a tutti di aver la moglie organizzatore...
«Da otto anni faccio quasi tutto da solo. Mi sono legato agli organizzatori solo per aspetti tecnici. Buona parte dei pugili si fanno schiavizzare, ci sono solo sanguisughe».
La rivedremo con la pubblicità del taxi sulla schiena?
«No, basta con letichettarmi. È finita unepoca. Ormai ho tanti sponsor. Anzi, devo scremare».
Come cominciò con la boxe?
«Per far piacere a mio padre, un gran tifoso. Facevo pesca subacquea a livello professionale. Poi kart, dove ho corso fino al titolo italiano. Ma quando sono diventato troppo grande e grosso ho dovuto mollare. Poi motocross, ma ho avuto un incidente e solo per fortuna non ho perso tutti i denti. Mi piaceva il calcio, ho fatto un provino per la Lazio, io che sono romanista, e mi avrebbero preso. Però mio padre mi ha detto: fai la boxe. I soldi del calcio te li do io».
E boxe è stata. Ma oggi ha 34 anni: se perde chiude?
«Non se ne parla, combatterò per altri due anni. Ho già preventivato un match in piazza del Campidoglio: sono daccordo con Veltroni, sarà un omaggio ai romani».
Ha combattuto lultimo mondiale tre anni fa, contro Braithwaite: finì ko tecnico al 10° round. È cambiato qualcosa?
«È stata una bella esperienza, ho capito gli errori: da sei mesi sono in pista. Ho curato tutto con Patrizio Oliva.
E Nelson sarebbe spacciato...
«Lo sarà. Lui è un attendista, ma se sbaglia qualcosa, gli stacco la testa».
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