Capello presenta la Juventus cannibale

«Non la vinciamo da troppo tempo. E punto alla nazionale»

Capello presenta la Juventus cannibale

Gian Piero Scevola

nostro inviato a Salice Terme

Non è cambiato niente: stesse facce abbronzate, uguale scenografia spartana, lo stile un po’ retrò e la classe di sempre, l’unica differenza rispetto a 12 mesi fa è lo scudetto sulle maglie, il numero 28 della serie infinita che contraddistingue i successi della real casa bianconera. La Juventus c’è, si ritrova dopo la folle ubriacatura per il titolo conquistato, se lo mette già alle spalle, pardon sulla maglia e guarda avanti. Perché là, nel maggio 2006, ad aspettare i bianconeri c’è ancora il pezzetto di stoffa tricolore e quel non troppo oscuro oggetto del desiderio che si chiama Champions.
Sorride Fabio Capello alla provocazione, lui che da Luciano Moggi è stato definito «il miglior tecnico italiano», lui che è considerato il Re Mida della panchina, l’allenatore che ovunque vada, vince. Sorride Don Fabio e non arrossisce ma con lo sguardo si coccola quell’onda arancione che lo circonda, il gruppo dei giocatori (mancavano Emerson e Appiah) che bianconeri almeno ieri non erano vista l’inedita t-shirt col colore della seconda maglia. «Non pongo limiti al destino e alle nostre aspettative», afferma Capello. «Noi prendiamo tutto quello che possiamo prendere. Sono però convinto che questa squadra è estremamente competitiva, che può ripetersi e migliorarsi». Insomma la nuova Juve sarà una Juve cannibale, destinata a fare sconquassi e, ecco la vera new entry, sarà anche una Juve spettacolare. «Al bel gioco non ho mai rinunciato - continua Capello - e poi coi giocatori che mi ritrovo non posso che giocare bene. Questa rosa quest’anno l’avrò finalmente al completo fin dall’inizio: Nedved, Emerson e Trezeguet dodici mesi fa erano arrivati dopo, come Cannavaro e Ibrahimovic, altri erano infortunati, insomma avevamo fatto una preparazione così così. Adesso invece ci siamo tutti, già ci conosciamo, sappiamo dove vogliamo arrivare e lotteremo su tutti i fronti. D’altronde è nel dna di questa squadra primeggiare sempre, vincere uno scudetto e poi puntare subito al bis».
Insomma, il Capello taciturno che per tutte le vacanze si era isolato a Marbella, in contatto telefonico solo con Moggi e Bettega, con un occhio al mercato e l’altro al bilancio, questa volta si apre, non rifiuta gli argomenti delicati: «Certo sarà più difficile ripetersi, ma a noi, a me in particolare, piacciono le imprese impossibili o quasi. Le avversarie sono ben attrezzate e sono quelle di sempre: Milan e Inter». E vai allora con l’analisi delle dirette rivali: «Il Milan ha da sempre una mentalità vincente e una gran voglia di riscatto dopo le mancate vittorie della passata stagione. Faranno la loro corsa su di noi e noi cercheremo di stare davanti. Poi hanno anche Vieri, un grande acquisto. Quanto all’Inter, sono altamente competitivi e la vittoria in coppa Italia ha dato alla squadra consapevolezza e sicurezza nei propri mezzi. I nerazzurri saranno da temere in modo particolare. E attenti anche al Palermo, sempreché non venda Toni».
Ma è ai suoi giocatori che è rivolta l’attenzione di Capello: «Mutu è qui per restare e mi permette diverse soluzioni tattiche in attacco; Zalayeta è stato utile nel passato, sempre pronto e reattivo quando l’ho chiamato, mi spiacerebbe vederlo andare via. In difesa ho diverse soluzioni, a tre o a quattro, dipende dagli avversari. Così come a centrocampo dove è arrivato un utilissimo Giannichedda e anche qui potrò giostrare al meglio il reparto. Vieira? Non c’è, ma se dovesse arrivare un regalino, ben venga, qualcosa che migliori tecnicamente la squadra, non così tanto per cambiare, anche perché la stagione verrà condizionata dal mondiale, sarà molto compressa e intensa e quindi è necessaria una rosa ampia. Che peraltro la Juve ha».

E Del Piero? Capello non casca nel trabocchetto: «Del Piero c’è, nessuno di noi pensava il contrario, da lui mi aspetto molto». Insomma, la solita Juve, quella di sempre che parte con gli obiettivi ben prefissati: vincere tutto quello che c’è da vincere.

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