Capello stringe la mano Domenech rischia la testa e Diego gonfia il petto

Fabrizio Miccoli ha speso venticinquemila euro per nulla. Diego Maradona si è presentato alla conferenza stampa di Monaco di Baviera, dopo Germania-Argentina, non con un orecchino ma con due, luccicanti al lobo sinistro. Brillante e vincente, il cittì argentino ha vinto in casa dei tedeschi, in amichevole per il momento. Ancora non ha digerito la sconfitta mondiale di Roma, gli attacchi alla Fifa, il sospetto sull’arbitro messicano Codesal Mendez messo a riposo subito dopo il “misfatto” con un rigore generosissimo concesso ai tedeschi. Il gol di Higuain ha permesso a Maradona di sfottere i presenti: «Come mai i giornalisti argentini stavolta non hanno niente da dirmi?» e gli ha fatto riempire di nuovo il petto come ai bei tempi nostrani. Per esempio ha abbandonato il palco quando si è accorto che due sedie più in là si era seduto un calciatore della nazionale tedesca, un affronto per “el peluso”.
Il football sudamericano sta benone, almeno leggendo i risultati delle amichevoli. L’Uruguay di Tabarez è andato a passeggiare in Svizzera, il Brasile di Dunga si è allenato a Londra con l’Irlanda, entrambi possono fare a meno di soubrettes, Dunga soprattutto continua a rinunciare a Ronaldinho ma ha avuto il coraggio di recuperare Adriano, già grondante sudore al primo tocco di palla; Tabarez sembra aver finalmente allestito una nazionale tosta: «Este es un equipo en serio», ha titolato ieri El Pais di Montevideo.
Il profumo del mondiale ha messo furore alle nazionali del Sudamerica, tre esperti del football europeo, e italiano, come Maradona, Tabarez e Dunga, possono fare il colpo e le amichevoli di mercoledì hanno dato segnali di fumo bianco.
È un gran momento anche per don Fab Capello, Fab come Fabulous, favoloso perché l’Inghilterra ha celebrato la cinquecentesima vittoria internazionale, centotrent’anni dopo il successo sulla Scozia, quando nessuno sapeva e poteva immaginare. Ha rischiato contro i campioni d’Africa, l’Egitto passato in vantaggio con Zidan, poi ha indovinato alcune sostituzioni, quella del trampoliere del Tottenham Peter Crouch su tutte, e ha stretto la mano, lui sì, a John Terry il quale ha giocato due partite differenti. Quando lo speaker di Wembley ha annunciato il nome dell’ex capitano sono partiti sessantamila fischi dei puritani inglesi, al primo pallone toccato dal “traditore” di Wayne Bridge altri strilli di scherno e derisione. Poi Terry ha offerto una prestazione superba, comandando la difesa e divertendosi a giocare con le parole: «Ho stretto la mano ai fischi». Capello può stare tranquillo, il capitano cambia ma la nazionale inglese cresce («Sono tutti leoni», ha detto Fabio), in attesa di recuperare tutti i suoi uomini.
Non cresce, si sgonfia come un soufflé sbagliato, la Francia che fu e che non è più; il popolo di Parigi ha urlato «Domenech demission» come se andasse alla Bastiglia. Ma la testa del responsabile tecnico non rotola, il fatto è che quel simpaticone di Raymond non molla l’osso, la federcalcio francese non ha soldi per spedirlo a casa, Deschamps e Blanc sono in lista di attesa, intanto la Francia vive di ricordi, anche Henry ha ricevuto la bordata di fischi, il momento è critico, i due gol spagnoli hanno scoperto fili già troppo sensibili e ormai si è capito che il viaggio di Domenech terminerà a giugno. Infine la Germania di Loew, una squadra che è alla ricerca di un passato, di un presente, temendo per il futuro. Fischi e insulti per la maglia nera “nazista” indossata dalla Germania a Monaco ma non è il colore della divisa a preoccupare, semmai la mancanza di un leader.

Lo era forse Klinsmann, non lo è l’elegante Loew che aveva pensato di prendere in giro Maradona, presentandosi in conferenza stampa con un sigaro. Si sa che fine abbia fatto l’avana. Si parla di Magath come erede, sembra che Felix non fumi.

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