«A Capezzone non piace la manovra? Sono soltanto lacrime di coccodrillo»

Della Vedova: se siamo nei guai è anche colpa delle scelte della Rnp

Anna Maria Greco

da Roma

Benedetto Della Vedova è sorpreso della sorpresa di Daniele Capezzone di fronte alla finanziaria del governo Prodi. «Era prevedibile e prevista - dice -, era nel destino di un’Unione trainata dalla sinistra massimalista e dai Verdi». Il presidente dei Riformatori Liberali e deputato di Fi ha davanti a sé l’intervista sul Giornale di domenica del leader radicale e risponde all’ex compagno di partito che è stato anche grazie al sostegno suo e di tutta la Rosa nel pugno che questa manovra è stata approvata. Insomma, «lacrime di coccodrillo».
Lei vorrebbe un mea culpa, ma Capezzone sostiene che il «suo» governo aveva promesso nel Dpef riforme strutturali soprattutto sul lato della spesa, mentre poi è intervenuto solo sulle tasse.
«Capisco il tentativo di smarcarsi da questa maggioranza, se siamo in questa situazione è anche per responsabilità della Rosa nel pugno. La verità è che se siamo nelle peste da cui Capezzone propone di uscire è anche per colpa del suo partito. Noi abbiano fatto scelte diverse proprio perché, come riformatori liberali, sapevamo che sulla politica estera, come sulla giustizia, come sulla finanziaria si sarebbe arrivati a posizioni conservatrici, contrarie alle pur timide riforme del governo Berlusconi. Era scritto, i segnali c’erano. Mentre loro sembrano scoprire adesso che il riformismo di Prodi non è alla Blair, alla Zapatero, ma alla Chavez. Che siamo alle misure vetero-socialiste, al populismo sudamericano, allo slogan della redistribuzione, del fisco alla Robin Hood che in tutto il mondo viene abbandonato».
Questo è un no alla proposta di un’alleanza bipartisan dei liberali per cambiare la manovra?
«Temo che il cammino della finanziaria sia segnato, comunque l’invito di Capezzone può essere raccolto se si riescono ad individuare modifiche di sostanza: revisione delle aliquote, ribaltamento dell’impostazione Visco all’insegna del mito della progressività, stangata ai risparmi familiari, revisione del preoccupante intervento sul Tfr, aumento delle tasse locali. Su queste basi è anche possibile un lavoro comune in Parlamento. Resto scettico, ma se Capezzone e la Bonino intendono muoversi in questa direzione le convergenze con il centrodestra saranno nelle cose. E non sarò certo io a scoraggiarle, anzi».
Capezzone ricorda l’appello di Franco de Benedetti, che nel ’94 firmò anche Prodi, perché si mantenesse la riforma delle pensioni che il governo Berlusconi aveva dovuto cancellare dalla finanziaria. Dice che la situazione è la stessa, a parti invertite.
«Il confronto non regge, anzi mi sembra un quadro opposto. Allora si chiedeva ad un governo che aveva fatto una riforma seria di salvarla, continuando sulla linea del rigore, oggi si chiede ad un governo di correggere una manovra che ha fatto programmaticamente e coerentemente.

L’opposizione dev’essere netta, noi la faremo in Parlamento e anche in piazza, per aumentare la pressione sul governo, con una specie di Marcia dei quarantamila. Non penso alle piazze sudamericane, ma ad una riedizione moltiplicata per dieci di quella manifestazione di moderati e liberali».

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