Alla Capitale non serve un’opposizione «ammorbidita»

Marco Visconti*

Gli avvenimenti che hanno occupato le cronache dei quotidiani in questi ultimi giorni dimostrano che i romani hanno ancora gli anticorpi necessari per pretendere che la loro città sia finalmente amministrata a dovere. Dietro lustrini e paillettes, dietro feste del cinema e notti bianche, i problemi incancreniscono, dal centro alle periferie.
Il sindaco Veltroni, però, nonostante i preoccupanti campanelli d’allarme, continua a puntare sulle politiche di facciata e si dà un gran daffare nel cercare di accreditare all’esterno un’immagine «soporifera» della città, dove sembra che tutto vada bene. In questo suo sforzo - nonostante le evidenti contraddizioni - il primo cittadino può contare sulla benevolenza di gran parte della stampa e dell’emittenza radiotelevisiva. Ma questo ancora non gli basta. Siccome è un po’ allergico alle critiche - come quasi tutti i politici - ora sta cercando di imbrigliare perfino l’opposizione in Campidoglio. Il pretesto formale - ovviamente - è quello della necessità di un dialogo costruttivo, che serva a risolvere i problemi «anche» con l’apporto del centrodestra. Ma la questione è un po’ più complessa di quanto sembri, checché ne pensi qualche autorevole esponente dell’opposizione che ha già dato dimostrazione di voler accogliere l’invito di Veltroni.
Il sindaco, infatti, auspica il dialogo e il coinvolgimento di tutte le forze politiche solo quando si ritrova sul banco degli accusati, com’è successo, ad esempio, per il tragico incidente della metropolitana o per la rivolta degli abitanti del centro storico. In altre occasioni, invece, altrettanto importanti, il suo decisionismo non ammette repliche. Sulle cose che contano davvero Veltroni è abituato a tirar dritto per la sua strada senza tener conto delle indicazioni e delle proposte dei suoi avversari. Basta guardare quello che accade con le cosiddette «compensazioni» in materia urbanistica o con il ricorso alle continue varianti e ai cambi di destinazione d’uso per autorizzare enormi cubature in cambio del 30 per cento degli alloggi costruiti da destinare all’emergenza abitativa.
Eppure ci sarebbe il modo per coinvolgere di più l’opposizione nelle grandi scelte che riguardano la città: basterebbe riconoscere il suo ruolo di controllo e di garanzia in seno alle grandi municipalizzate. Invece, ai vertici e nei consigli d’amministrazione di alcune aziende (per esempio, l’Acea) ci sono solo «fedelissimi» della giunta, in altre i rappresentanti del centrodestra hanno una presenza e un peso del tutto marginali. Così i rappresentanti di una consistente fetta dell’elettorato romano non hanno praticamente modo di far sentire la loro voce.
Intanto siamo entrati nel quarto mandato consecutivo del centrosinistra e, a sentire Veltroni, sembra che la responsabilità di tutto ciò che non funziona - perfino dell’incidente della metro - sia del governo Berlusconi o della giunta Storace. Guai se l’opposizione chiede meno cinema e meno feste e pretende maggiore efficienza dei servizi.

Ne esce infangata e praticamente demonizzata! Quanti lampioni spegneremo, quanti asili nido chiuderemo, quanti anziani non potremo assistere con i tagli di Prodi e Padoa-Schioppa? Di tutto ciò è proibito parlare nell’aula di Giulio Cesare...
(*) Consigliere comunale di An

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