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Il capo tribù ha in mano il destino del dittatore

Per evitare la pena di morte al raìs le sta tentando tutte: è troppo vecchio, 68 anni, per finire sul patibolo, e poi un tribunale formato sotto occupazione non è da considerarsi legittimo, e ancora il Presidente deposto gode per costituzione dell’immunità quindi non va nemmeno processato. Perché la sfida è di quelle che spezzano i polsi. Saddam Hussein e altri sette ex esponenti del regime iracheno saranno processati mercoledì, l’accusa, la prima, è di aver commissionato nel 1982 il massacro di 143 persone a Dujail, a nord di Bagdad, come rappresaglia per un fallito attentato contro il raìs. Basta questo per finire sul patibolo. Khalil Dulaimi, ha un privilegio che pochi gli invidiano: è l’unico difensore scelto dalla figlia maggiore di Saddam Hussein, Raghd, per difendere il raìs ed è il solo ad averlo finora potuto incontrare in carcere. È iracheno, fa parte di una potente tribù sunnita di Ramadi ma vive ad Amman, in Giordania, guida un esercito di duecento avvocati arabi, che, dice lui «lavorano gratis perché la famiglia di Saddam non ha soldi per coprire le spese e nessun aiuto è arrivato da quei ricchi arabi che hanno ammassato una fortuna facendo affari con l'Irak». Parte da una certezza: «Il raìs non ha mai confessato i suoi crimini».

Dimostrarlo sarà la sua missione impossibile.

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