Capolavoro dei giudici: assolvono Dell’Utri ma lo accostano ai boss

Milano«Una proposta conciliativa espressa in toni garbati senza richieste ultimative»: questo, e non il minaccioso ultimatum di due mafiosi, fu il senso della visita che nel 1991, su richiesta di Marcello Dell’Utri, venne fatta al medico siciliano Vincenzo Garraffa, presidente della Pallacanestro Trapani e poi senatore di Fi. Per questo, spiegano le motivazioni depositate ieri mattina dalla Corte d’appello di Milano, Dell’Utri è stato assolto dall’accusa di estorsione, al termine (ma ancora non è detta l’ultima parola) di un iter processuale interminabile quanto altalenante.
Ad accusare Dell’Utri era stato lo stesso Garraffa: e questo nuovo troncone di indagine, affidato per competenza alla Procura milanese, aveva fatto da sponda all’inchiesta palermitana per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’ex numero 1 di Publitalia. L’estorsione a Garraffa, attuata per il tramite del padrino Vincenzo Virga e del suo guardaspalle, era per i pm la dimostrazione concreta della vicinanza di Dell’Utri agli ambienti di Cosa Nostra. Per recuperare un credito verso il presidente della squadra di basket, relativo ad una sponsorizzazione da parte della Birra Dreher, Dell’Utri avrebbe scelto di avvalersi della forza intimidatrice dei clan. Ma la sentenza depositata ieri, firmata dal giudice Marta Malacarne, sconfessa questa interpretazione, che in primo grado aveva portato alla condanna del senatore Pdl a due anni. «Il quadro probatorio acquisito non consente di considerare raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la visita incriminata fosse finalizzata e idonea a incutere timore e a coartare la volontà del Garraffa per indurlo al pagamento ingiusto, lasciando ampio spazio all’ipotesi alternativa che tale visita avesse rappresentato un tentativo di interposizione mediatoria del Virga non ostile al Garraffa. Trattasi di ipotesi alternativa dotata di consistenza logico-probatoria pari se non maggiore rispetto a quella accusatoria, essendo non illogico ritenere che il presidente di Publitalia avesse scelto i due personaggi per tentare di risolvere la vertenza non tanto o non solo in ragione della loro mafiosità - come apoditticamente ritenuto nella sentenza di primo grado - quanto per la loro intensa precedente e coeva frequentazione amicale con il Garraffa stesso». L’ipotesi dell’estorsione, aggiunge la sentenza, risulta «ancora meno credibile dove si tenga conto degli assidui rapporti personali intrattenuti all’epoca dal Garraffa con Virga e Buffa, proseguiti senza soluzione di continuità e per lungo tempo anche dopo la visita incriminata».
Le dichiarazioni della presunta vittima vengono messe in forse dalla sentenza («C’è da rilevare la dubbia attendibilità delle ondivaghe dichiarazioni rese da Garraffa») che segnala anche come proprio il boss Virga si sarebbe dato da fare per la campagna elettorale che portò Garraffa ad essere eletto al Senato. Ed alla fine, la Corte d’appello assolve Dell’Utri «quantomeno per mancanza e contradditorietà della prova». Contro l’assoluzione la Procura generale di Milano annuncia ricorso alla Cassazione, che dovrà occuparsi per la terza volta della vicenda.

Ma neanche Dell’Utri è soddisfatto appieno, perché la sentenza ritiene provati i suoi contatti con i due mafiosi: «Ribadisco di non aver mai avuto alcun rapporto con Vincenzo Virga e Michele Buffa, persone della cui esistenza ho appreso solo dalle carte di questo processo».

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