Dunque, i giudici di Palermo alleviano il rigore del carcere al mafioso Giuseppe Graviano e i soliti noti dicono che è stato il Cav a fargli il regalo. Uno scambio di cortesie tra coppole con reciproco vantaggio. Siamo tutti abituati da anni al livore degli avversari contro il premier. Ma ora non è più questione di malafede, odio o altro: hanno perduto il lume della ragione.
Il fatto è questo. La Corte d’Assise di Palermo ha revocato l’isolamento diurno al pluriergastolano condannato per le stragi Falcone, Borsellino e le bombe (con morti) di Roma, Milano, Firenze del ’93. È una parziale attenuazione del 41 bis che consentirà a Graviano di passare l’ora d’aria con gli altri reclusi di Opera (Milano) dov’è al gabbio.
Su questo si sono scatenati i dietrologi della sinistra. L'Unità di ieri ha titolato: «La stagione dei saldi»; il Riformista: «Regalo di Graviano»; Liberazione: «Affare fatto». Il la, come sempre, l’ha dato Tonino Di Pietro che è stato il primo a sospettare del Cav con la sua abituale incapacità di fare due più due.
Per capirci qualcosa, vediamo chi è Graviano. Intanto, di Graviano ce ne sono due e sono fratelli: Filippo e Giuseppe. Sono i capimandamento di Brancaccio in quel di Palermo entrati nelle nostre vite grazie al pentito Gaspare Spatuzza. Costui ha detto a vari pm d’Italia (Ingroia, ecc.) che i Graviano gli avrebbero fatto delle confidenze. La più nota è questa. Nel gennaio ’94 al bar Doney di Roma, Giuseppe Graviano, raggiante, gli aveva raccontato che la campagna mafiosa del ’92 -’93 contro lo Stato era andata a buon fine. Gli omicidi Falcone-Borsellino e le bombe avevano avuto effetto e ora la mafia era padrona d’Italia. Il tutto, con l’appoggio attivo di «quello di Canale 5» (il Cav) e il «senatore compaesano» (Marcello Dell’Utri).
Il 4 dicembre 2009 a Torino, in pubblica udienza del processo Dell’Utri, Spatuzza doveva provare quanto sopra alla presenza delle tv di mezzo mondo. Si sa come andò. Il «pentito», coperto da un paravento, balbettò la versione già nota senza uno straccio di riscontro. Fece, da par suo, la figura del grullo. Ma anche i magistrati che lo avevano utilizzato ne uscirono a fette. Per alcuni, erano stati superficiali. Per altri, avventati. I restanti tacquero per non beccarsi una querela.
Una settimana dopo, l’11 dicembre, il processo Dell’Utri proseguì a Palermo con la comparizione dei due Graviano, le presunte «fonti» del pentito. Filippo lo smentì totalmente: mai conosciuto Dell’Utri; mai parlato con Spatuzza del Cav che io, Filippo, - all'epoca delle stragi - nemmeno sapevo chi fosse.
Fu poi la volta di Giuseppe, quello del bar Doney e delle polemiche di queste ore. Disse: «Non parlo perché il mio stato di salute mi impedisce di rispondere. Aspetto che mi alleggeriscano il 41 bis (come ora effettivamente avvenuto, ndr). Appena potrò informerò la Corte». Come dire: fatemi uno sconto e io collaboro.
Adesso che lo sconto c’è stato, chi voleva che Giuseppe Graviano parlasse dovrebbe fare i salti di gioia. La condizione che aveva posta per confermare o no Spatuzza si è avverata. Libero, se vuole, di accusare il Cav. E invece che ti fa la sinistra? Si straccia le vesti per l’alleggerimento e accusa il Berlusca di avere brigato - contro il suo interesse? - per farglielo ottenere come ricompensa per la scena muta dell’11 dicembre. Delle due l'una: o si sono bevuti il cervello o cambiano le carte in tavola.
La più grottesca è stata Concita De Gregorio, direttore dell'Unità. Giorni fa, riferendosi alle ironie della destra sulle smentite a Spatuzza di Filippo Graviano, ha scritto all’incirca, ma il senso è questo: «Si sono aggrappati al Graviano sbagliato. Quello che conta è Giuseppe che, quando ce ne saranno le condizioni, parlerà». Bene, poche ore dopo, succede quanto auspicava e lei cambia subito tesi e cavallo. Invece di dire onore ai magistrati di Palermo che hanno rimosso quanto impediva a Giuseppe di confermare le spifferate di Spatuzza, fa scrivere nell’editoriale di ieri al suo sottoposto Nicola Tranfaglia: «C’è un legame tra la concessione a Giuseppe Graviano e la sua scelta di non testimoniare al processo dell’Utri? ... Sta forse scoppiando la pace tra Cosa Nostra e i poteri attuali?». Per chi non lo sapesse, Tranfaglia è un anziano e autorevole professore. Ma tutto fa pensare che sia sul viale del tramonto.
Che c’entrano, egregio professore, i «poteri attuali» che secondo il suo linguaggio codino sarebbero il Cav e i suoi accoliti? Non si è forse accorto che a decidere in favore di Graviano sono state le toghe palermitane? Le sospetta forse di tenerezza verso il boss e di essere le manutengole del Cav per conto del quale fanno il regalo di Capodanno al pluriomicida? Non si lasci infinocchiare, professore, dalla piccola e confusa Concitina. Stia alle notizie: a decidere di attenuare il 41 bis sono stati i magistrati, non il Guardasigilli, Angelino Alfano, pupillo del Cav. Guardi i lati buoni della decisione. Ce ne sono almeno due per gente del suo livello. Da un lato, i giudici hanno obbedito alla legge che limita a tre anni - ormai largamente superati - l’isolamento diurno del boss. Dall’altro, Graviano, grato alla Giustizia, potrà adesso confermare - come lei certamente desidera - le affermazione spatuzzesche. Se nonostante tutto non lo farà, si rassegni e consoli. Si troverà il modo, stia certo, di accusare il Cav per lo straripamento del Lago di Massacciuccoli: finché c’è vita c’è speranza.
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