Carboni torna in manette: "Capo della nuova P2"

Il capo della loggia avrebbe pilotato giudici e politici per gli appalti in Sardegna. Nell’ordinanza d’arresto per l’imprenditore ipotizzate pressioni per influenzare anche Csm e Corte costituzionale sul lodo Alfano. Ma senza esito

Carboni torna in manette: "Capo della nuova P2"

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Una nuova P2 o una cricca di furbetti alla Totò e Peppino? Più uno legge le 61 pagine dell’ordinanza d’arresto dell’inchiesta romana sull’eolico in Sardegna (poi allargata a tutt’altro) e più i dubbi crescono in merito alle granitiche certezze dei magistrati capitolini che hanno rispolverato la violazione della «Legge Anselmi» sulle associazioni segrete per descrivere un «gruppo di potere» che con la scusa di fare business sull’energia alternativa si sarebbe attivato in ogni direzione, su input di politici amici, senza mai, dicasi mai, raggiungere il benché minimo risultato. Una banda massonica minuscola, sui generis, ritenuta comunque «pericolosa» per la tenuta degli organi costituzionali, composta da tre soli individui di basso spessore: l’anziano imprenditore Flavio Carboni, ribattezzato «faccendiere» nei più intricati misteri italiani (assolto recentemente dall’omicidio Calvi); il pensionato Pasquale Lombardi, che si spacciava per magistrato essendo un semplice componente di commissioni tributarie; l’ex assessore napoletano del Psi di Craxi, Arcangelo Martino. Lombardi, il più ciarliero, capofila di un’associazione riconosciuta che organizzava pubblicamente convegni sulla giustizia a cui partecipavano esponenti di tutti i partiti e magistrati d’ogni corrente, al telefono dice la qualunque. S’impegna, promette, assicura, millanta. A una lettura approssimativa dell’ordinanza d’arresto sembra veramente l’uomo in grado di arrivare ovunque e comunque, capace con gli altri due «di condizionare - come osserva la procura di Roma - gli organi dello Stato nonché gli apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali». Ma poi, a leggerlo bene, il documento d’accusa, la presunta «cricca segreta» annaspa, inciucia, non ne azzecca una nonostante per i pm abbia sviluppato «una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica, da sfruttare per i fini segreti del sodalizio». E ciò anche grazie «all’attività di promozione di convegni e incontri di studio realizzata per il tramite dell’associazione culturale denominata “Centro studi giuridici per l’integrazione europea Diritti e Libertà”, gestita da Lombardi come segretario e da Martino quale responsabile dell’organizzazione e, di fatto, finanziata e cogestita in modo occulto da Carboni».

Ma c’è di più. Questi tre, stando alle intercettazioni «interpretate» dalla procura di Roma, sarebbero stati capaci di intervenire sul Csm, sulla procura di Milano, sui governatori regionali Formigoni e Soru, sulla nomina di Cosentino infangando il concorrente Caldoro, sugli appalti nell’eolico in Sardegna, addirittura sulla Consulta per il Lodo Alfano, sui parlamentari Dell’Utri, Verdini, Lusetti ex Pd e tanti altri. Di tutto, di più. Altro che P2. Troppo anche per uno come Licio Gelli dei tempi d’oro.

«IL LODO ALFANO? NON CONTIAMO UN C...»
Per i pm romani, il trio settebellezze tentò di avvicinare giudici della Corte costituzionale allo scopo di influire sull’esito del giudizio sul cosiddetto lodo Alfano. Ma i risultati, come noto, non furono dei migliori. L’impegno c’è. Lombardi parta col giudice Martone, soprattutto col sottosegretario Caliendo al quale confida: «Amm ’fa’ nu poc’ na conta a vede’ quanti sonn i nostri e quanti sonc i loro per cui se potimm correre ai ripari, metetre delle bucature, siamo disponibili a fare tutto». Lusetti è imbarazzato dalle telefonate. Anche il presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli viene agganciato come canale a Lombardi. «La reazione delusa dei sodali» alla bocciatura del Lodo la raccontano le intercettazioni. Lombardi: «Eh, che figura di merda... che la Corte costituzionale, noi non cumandamm manc’o cazz, noi non comandammo niente». Martino concorda: «Non contiamo un cazzo». Carboni, per i pm, è seccatissimo perché ha passato a qualcuno di importante un bigliettino su cui erano indicati otto voti a favore del lodo (che perdereà 9 a 6). Notizie, peraltro, di dominio pubblico sui giornali. Carboni: «9 a 6! invece lì abbiamo dato 8 fatti sicuri e quelli..., dico chi ti ha dato quel biglietto era male informato».


UN DOSSIER-CALDORO «VA CON I TRANS»
Se da un lato l’ordinanza ricostruisce il tentativo (ovviamente fallito) di caldeggiare la candidatura di Nicola Cosentino per la Regione Campania, dall’altro quando l’ipotesi sembra tramontare per i guai giudiziari di Cosentino emerge al telefono una presunta attività di dossieraggi per diffamare Stefano Caldoro, che aveva ottenuto la candidatura da parte del Pdl. Ci sono telefonate con Cosentino. E «l’8 e il 9 febbraio trova infine compimento il piano diffamatorio: un sms arriva a Martino: dici a Nicola (Cosentino, ndr) che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro con i trans, forse del problema ha parlato anche un pentito. Che fine abbiamo fatto, siamo finiti in un mondo di froci. Povero Berlusconi». Le notizie escono su due blog, ma Caldoro presenta querele per diffamazione i siti vengono oscurati


PRESSIONI SU MANCINO E CSM
Lombardi, secondo il gip è interessato alla nomina dei capi degli uffici giudiziari di Isernia, Nocera Inferiore e soprattutto la Corte d’Appello di Milano: viene intercettato mentre parla con Cellesinta Tinelli componente del Csm. I nomi sui cui punta il gruppo sono Albano (Isernia) Gianfranco Izzo (Nocera) Alfonso Marra (Milano). Lombardo incontra anche Nicola Mancino. Marra viene eletto.


«CON FORMIGONI N’ANTRA FIGURA DI M...

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Altro flop della cricca nell’ordinanza è il tentativo di influenzare il giudizio sull’esclusione della lista di Formigoni dalle elezioni regionali in Lombardia. Formigoni viene intercettato. Lombardi va a trovare il neo presidente Marra. Ma il ricorso viene respinto. Martino comeenta: «Diciamo che la figura di merda l’amme fatta nuje con quello della Corte d’appello»

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