Dall’arresto alla soglia del processo, in meno di due mesi. La parabola penale di Pier Gianni Prosperini si consuma a tempo di record. L’inchiesta sul grande affare del denaro pubblico piovuto sul circuito delle televisioni private arriva a un punto di svolta. Il che, per l’ex assessore al Turismo della Regione, non è un buon segno. Perché la procura è convinta di avere a suo carico delle prove granitiche. E per questo, ieri, ne ha chiesto il giudizio immediato, rito che sottrae l’imputato all’udienza preliminare e impone al giudice di decidere nel giro di cinque giorni se mandarlo o meno davanti a un tribunale.
Entro questa settimana, dunque, si conosceranno le sorti di Prosperini (in carcere dal 16 dicembre), il quale alla fine potrebbe decidere - così dice il codice - di ripiegare sul giudizio abbreviato o sul patteggiamento. Un’ipotesi che i suoi legali - gli avvocati Ettore Traini e Luigi Rossi - devono ancora valutare, ma che appare in contrasto con quanto sostenuto da Prosperini davanti al gip: «Mai preso tangenti». In questa fase, però, resta il pesante quadro accusatorio: turbativa d’asta, corruzione e truffa aggravata, i reati contestati all’ex assessore. Stessa sorte per Massimo Saini, consulente pubblicitario, e Raimondo Lagostena Bassi, patron del gruppo televisivo Profit-Odeon Tv, che avrebbe versato a Prosperini una tangente da 230mila euro per aggiudicarsi il maxi-appalto da 7,2 milioni di euro e promuovere il turismo lombardo sulle proprie emittenti.
Nella richiesta di giudizio immediato avanzata al gip, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il pm Paolo Storari, titolari dell’inchiesta, ricostruiscono quasi due anni di indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria. Partendo dalla gara d’appalto del 23 maggio del 2007. Secondo la procura, Saini (consulente della «Profit») è il vero estensore del bando, e lo prepara a misura per il gruppo di Lagostena. Ottiene l’elenco completo dei partecipanti alla gara, e in accordo con Prosperini e il proprietario di Odeon «redige una proposta tecnica - scrivono i pm - per conto del Rti Publicis/Profit srl, rivelatasi determinante per la vincita della gara» d’appalto, «in tal modo ingannando la Regione Lombardia» che attribuiva all’offerta un punteggio tale «da risultare incolmabile per gli altri concorrenti». Il tutto, secondo l’accusa, con il concorso di Gianpiero Viotti (iscritto nel registro degli indagato), «membro della commissione giudicatrice delle offerte». In cambio delle ricche commesse, a Prosperini sarebbero stati «scontati» debiti per 200mila euro contratti dall’ex assessore per le sue apparizioni su Telelombardia e Telecity fino al 27 maggio 2009. Le due televisioni, secondo la procura, avevano fatturato alla Lombardia 481mila euro per incarichi che ne valevano la metà. Lagostena, infine, avrebbe versato una tangente da 230mila euro su un conto corrente della banca Ubs di Lugano intestato a Prosperini, per aggiudicarsi l’appalto del biennio pubblicitario 2008-2010.
Per l’avvocato Jacopo Pensa, legale dell’editore televisivo, la richiesta di giudizio immediato formulata dalla procura è «una cattiveria inutile, per portarlo a processo in stato di detenzione e senza le altre persone che avrebbero concorso al reato (per altri indagati non sottoposti a custodia cautelare, infatti, l’indagine va avanti, ndr)». «A che titolo tenere Lagostena in carcere - si chiede ancora Pensa - dato che le indagini sono ormai concluse?».
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