Carceri, via 4mila stranieri più il bracciale elettronico

Alfano: "Le misure interesseranno 7mila reclusi". L'apparecchio sarà applicato a 3mila pregiudicati. Mantovano: "Scelta giusta ma servono altri penitenziari". L'ok di Maroni: "Purché sia garantita la sicurezza"

Carceri, via 4mila stranieri 
più il bracciale elettronico

Come fosse un orologio da caviglia, anziché da polso: si presenta così, dal punto di vista esteriore, semplificando al massimo, il braccialetto elettronico. Un semplice «collarino» indossato all’estremità della gamba e dotato di un trasmettitore in collegamento con la centralina della polizia per tenere sotto controllo i detenuti ammessi alle misure alternative al carcere. Semplice fin che si vuole, dunque, lo strumento, per chi lo porta, anche se di tecnologia sofisticata e in grado pertanto - è la proposta del ministro della Giustizia Angelino Alfano, messa a punto col direttore delle carceri Franco Ionta - di risolvere i problemi più pressanti di sovraffollamento delle carceri, consentendo di non perdere mai di vista i circa 4.100 detenuti italiani che hanno fino a due anni di pena da scontare e possono usufruire degli arresti domiciliari.

È lo stesso Alfano, davanti alle telecamere, a confermare le indiscrezioni diffuse nelle ultime ore a proposito di un piano «svuota-carceri» che prevede, in particolare, l’espulsione di più di 3mila detenuti stranieri e il ricorso al braccialetto per gli oltre 4mila italiani. Ma non solo: «Stiamo lavorando - spiega Alfano da Gerusalemme, dove si trova in pellegrinaggio con il presidente del Senato Renato Schifani, il sindaco di Roma Gianni Alemanno e altri esponenti politici - per mandare a scontare la pena nei loro Paesi i detenuti stranieri che sono nelle nostre carceri. Non si capisce se, in presenza di trattati bilaterali, esista un buon motivo per cui debbano scontare la pena in Italia». Per quanto riguarda gli italiani, invece, che potrebbero uscire di galera e scontare gli ultimi mesi di pena ai domiciliari, Alfano ribadisce quanto aveva già annunciato a fine agosto, nell’ambito del Meeting di Cl a Rimini: il braccialetto elettronico «può garantire una maggiore sicurezza delle nostre città». E a chi, anche nell’ambito dello schieramento di centrodestra, come il ministro dell’Interno Roberto Maroni, avanza dubbi sull’efficacia dello strumento, Alfano replica con l’assicurazione che «verrà adottato solo una volta messo a punto con precisione il meccanismo dal punto di vista tecnico». Se ne preoccupa Marco Minniti, ministro dell’Interno del governo-ombra Pd, secondo cui «i dubbi sollevati da Maroni affossano il progetto Alfano prima ancora che questo veda la luce». Durissimo Antonio Di Pietro, leader Idv: «È l’ennesima amnistia mascherata, i delinquenti con o senza braccialetto continuano a fare quello che vogliono». Positivo invece il parere del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria: «Da tempo chiedevamo l’adozione del braccialetto - ricorda il segretario Donato Capece -, sarà massima la nostra collaborazione al ministro per una nuova politica penitenziaria del Paese». Perplessità invece dall’altra organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, Osapp: «Per il braccialetto servono almeno 4mila agenti, uno per ogni detenuto controllato», avverte il segretario nazionale Leo Benedici. E aggiunge: «Si tratta di uno strumento costoso che nel corso degli anni ha mostrato gravi problemi di applicazione e prevede un domicilio certo e una casa presso cui montare l’apparecchiatura che rimanda il segnale dal congegno indossato».

Il punto è l’efficacia di uno strumento che è già stato adottato in via sperimentale in Italia senza fornire risultati risolutivi, mentre in Gran Bretagna, Svezia, Spagna, Portogallo, Svizzera, Francia e Stati Uniti ha trovato applicazione soddisfacente e ordinaria.

Sono questi successi all’estero a rilanciare il braccialetto «in un Paese come il nostro dove non dovremmo dimenticare - sottolineano al dicastero della Giustizia - che i numeri delle carceri sono drammatici: più di 55mila detenuti, di cui 43mila stranieri (a fronte di una capienza negli istituti di non più di 43mila posti), un migliaio di carcerati in più ogni mese, 23 detenute in gravidanza, 70 bimbi inferiori a tre anni in cella con le madri e solo 18 istituti dotati di asili nido («Basta - tuona Alfano - con i minori in galera con la mamma!»). Sono dati aggiornati al 31 dicembre scorso. Che cambiano ogni giorno che passa. Con questa velocità, c’è qualche ragione in più per affidarsi anche all’elettronica.

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