Giacomo Legame
Le tecniche mininvasive sono il futuro della cardiochirurgia, eppure in Italia rappresentano solo l1-2 per cento degli interventi. Perché? Perché è una chirurgia riservata a giovani chirurghi esperti e nel nostro sistema formativo si inizia spesso a operare tardi. Lo afferma, al XXIII congresso della Società italiana di chirurgica cardiaca, che si è tenuto in questi giorni a Roma, Mattia Glauber dell'ospedale Pasquinucci di Massa, che ha presentato i primi risultati a lungo termine di uno studio condotto nel suo centro dove sono stati operati in 3 anni circa 500 pazienti.
La cardiochirurgia mininvasiva nel nostro Paese rimane, dunque, la cenerentola degli interventi al cuore e si continua a praticare grandi tagli con pesanti complicazioni postoperatorie anche in tanti casi in cui basterebbe unincisione di 6-8 centimetri. Gli interventi di riparazione e sostituzione delle valvole sono il 60 per cento di tutti quelli cardiochirurgici e in Italia nel 97-98 per cento sono eseguiti con l'approccio più invasivo, mentre le nuove tecniche potrebbero risolverne almeno il 25-30 per cento. Ernesto Greco, che ha fatto la sua relazione nella sessione del congresso dedicata proprio alla cardiochirurgia mininvasiva, è stato uno dei primi italiani ad imparare 7 anni fa queste nuove tecniche, ma si è poi trasferito in Spagna per praticarle, prima alluniversità di Barcellona e ora al Policlinico di San Sebastián, nei Paesi Baschi. Da lì, si muove spesso per insegnare ai colleghi europei come praticare questi interventi. «La cardiochirurgia mininvasiva - spiega allAdnKronos Salute - è adatta anche ai pazienti che hanno superato i 75 anni o sono a rischio per la presenza di altre patologie accanto a quella cardiaca. Le tecniche avanzate che consentono di non "aprire" il torace, ma di effettuare piccole incisioni laterali ("port-access") si sono rivelate utili per pazienti di una certa età, o più giovani ma a rischio per altre malattie associate». Le operazioni mininvasive in Italia si praticano solo a Massa, al San Matteo di Pavia, allHumanitas di Milano, a Udine e allospedale Le Molinette di Torino. Greco ha anche unaltra spiegazione per questa scarsa diffusione: «Sono necessarie dotazioni tecnologiche allavanguardia ed esperti che non tutti i centri possono permettersi.
Cardiochirurgia: ancora troppo poco usate le tecniche mininvasive
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