RomaLe donne musulmane sono spesso le prime vittime del fondamentalismo dei loro uomini. Hina Saleem e le altre: ragazze stuprate e ammazzate da padri e mariti perché volevano fare le occidentali. Perché vestivano come le giovani di tutto il mondo alla loro età, o perché volevano un lavoro fuori dalle mura di casa. Souad Sbai, presidente dellassociazione donne marocchine in Italia e deputata del Pdl le elenca una ad una queste vittime dellintegralismo segregate e uccise, nel dibattito organizzato per fare un bilancio del numero verde «Mai più sola», promosso dallAcmid Donna Onlus per la tutela delle donne immigrate, che risponde e dà ascolto in quattro lingue, compreso larabo: in dieci mesi sono arrivate al numero verde 5.500 richieste di aiuto, il 71% dal Nord Italia.
«No al burqa», le rispondono, mostrando numerosi cartelli, le marocchine del suo pubblico. È lislam femminile che si ribella alla legge degli uomini. Una legge che è sopruso, racconta Souad Sbai.
Lanello più debole della catena di comando sono le donne bambine. Ed è per questo che per la prima volta arriva dalla politica un messaggio a tutela delle piccole islamiche. Il burqa e il niqab, i veli integrali, possono essere un obbligo anche per una minorenne, se un uomo lo decide, se in famiglia vige losservanza rigida e senza aperture al confronto dei precetti dellislam.
Un «segnale importante», ha annunciato ieri il ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, può essere quindi «vietare burqa e niqab nelle scuole, luogo primario di integrazione ed emancipazione». Carfagna si è detta pronta a parlarne con i ministri dellInterno Maroni e dellIstruzione Gelmini. Che però ha puntualizzato: «Il problema del burqa esiste, ma non solo nelle scuole». Proprio con la Gelmini, Mara Carfagna ha avviato da ieri la «settimana contro la violenza» nelle scuole, perché è negli anni dellinfanzia che si gettano le fondamenta della «sensibilizzazione» contro ogni discriminazione, nei confronti di donne, immigrati, gay.
«Sono assolutamente favorevole - ha spiegato il ministro a margine del convegno - a una legge che vieti in Italia il burqa e il niqab, simboli di sottomissione della donna e ostacolo a una vera politica di integrazione. Non in quanto simboli religiosi, come, per esempio, il velo, bensì per le storie che nascondono, storie di donne cui vengono negati diritti fondamentali come listruzione o la possibilità di lavorare, storie di violenza e di sopraffazione».
Le donne musulmane che arrivano in Italia devono capire, ha aggiunto il ministro Carfagna, che in Italia «non cè spazio per le culture che negano i diritti delle donne. La tolleranza non può diventare una minaccia per la nostra civiltà». Chi emigra nel nostro Paese «deve avere quindi la volontà di integrarsi, e in questo le donne possono giocare un ruolo fondamentale». Per loro lintegrazione può essere la premessa «dellemancipazione». E anche per questo «bisogna sostenerle in questa battaglia di libertà».
Su queste questioni, ha poi sottolineato Pina Nuzzo, presidente dellUnione Donne in Italia (Udi) non ci devono essere politiche di destra o di sinistra, ma solo azioni e parole a tutela delle donne. E il linguaggio del ministro Carfagna - lha elogiata - è assolutamente appropriato: «Quando la sento parlare penso che le stesse cose le potrebbe dire per esempio Barbara Pollastrini» (del Pd, ndr).
Souad Sbai è la prima firmataria di una proposta di legge in discussione alla commissione alla Camera per vietare il burqa in Italia, ed è convinta che il velo integrale debba essere proibito «ovunque, non solo a scuola»: «Il burqa non centra con lislam né con la religione: è solo un modo per annullare la figura femminile. Tra qualche giorno lEgitto vieterà il burqa, e noi che siamo un Paese occidentale non dovremmo farlo?».
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