Carfagna lo liquida, Bocchino scornato

Tramontato il tempo in cui i due erano al centro dei pettegolezzi rosa di Montecitorio. Le dichiarazioni del finiano («Mara doveva difendere la Tulliani») sono state l’ultima goccia: il ministro ha tagliato i ponti con l’ex amico e alleato

Carfagna lo liquida, Bocchino scornato

Si sapeva già che tra Italo Bocchi­no e Mara Carfagna non correva più il buon sangue che li faceva imporporare quando si incontra­vano. Ma ora Italo sancisce drasti­camente la fine della loro simpa­tia con un’intervista sul settima­nale femminile A oggi in edicola. «Ormai con Mara abbiamo poco da dirci. Lei ha preso una strada, io un’altra». Ossia, Mara resta in Corso Berlusconi, mentre Italo ha imboccato Vicolo Fini. Motivo della rottura la casa di Montecarlo con un argomento che, se Bocchino permette, definirei demenziale. «Mara - dice nell’intervista ha fatto scelte incomprensibili. Su Elisabetta Tulliani ha sbagliato. È il ministro dei diritti e non può tacere quando i giornali si muovono con un solo fine: massacrare mediaticamente una donna che ha la sola colpa di essersi innamorata dell’uomo che ha puntato il dito contro Berlusconi. Il silenzio di Mara è stato inaccettabile». Nel ragionamento ci sono un paio di errori logici. Innanzitutto, nessuno se l’è presa con Betty per il suo amore. La Tulliani è stata invece criticata perché ha indotto Fini ad avallare il pasticcio monegasco di Giancarlo, il suo viziatissimo fratellino. L’altra follia è la pretesa che Mara, nella sua veste di ministro per le Pari opportunità, dovesse pubblicamente intervenire in difesa di una singola signora. Se adottasse questo criterio, la povera Carfagna dovrebbe moltiplicarsi per mille con tutti i guai che uomini e donne patiscono ogni giorno che Dio manda in terra. Diciamo che gli argomenti sono capziosi come tutti quelli che Italo usa da diversi mesi a questa parte. La verità è che Bocchino, cambiando campo, ha rinnegato se stesso. I suoi giudizi di oggi sono opposti a quelli di ieri. Per due anni, è stato il cavalier servente della bella Mara. Stando ai pettegolezzi di Palazzo, tra i due c’era del tenero. Più volte, entrambi, hanno dovuto smentire. «Siamo solo amici», disse lei, fidanzata con un aitante e ricco immobiliarista, Marco Mezzaroma. «Il nostro è un rapporto di colleganza normale », le fece eco lui, sposato con Gabriella Buontempo, imprenditrice televisiva. Italo, che per le sue confidenze predilige i settimanali femminili, affidò la protesta a Novella Duemila : «Non tollero gossip soprattutto per non provocare disagi a mia moglie. Credo nell’indissolubilità del matrimonio. Con mia moglie c’è un rapporto profondo, che va oltre all’amore». Infatti, le è stata sempre accanto nei rapporti con la Rai per ottenere importanti produzioni tv. Affettuosa amicizia o no, Italo e Mara sono andati politicamentea braccetto per tutta la prima parte della legislatura. Insieme, hanno amministrato gli interessi di una scheggia del Pdl della Campania, terra di cui sono originari. Di comune accordo, hanno combattuto Nicola Cosentino coordinatore del partito campano, silurandone la candidatura al governo della Regione in favore di Stefano Caldoro. Hanno anche messo i bastoni tra le ruote al presidente pdl della Provincia di Salerno, Edmondo Cirielli. Insomma, hanno allegramente seminato zizzania nei loro feudi con unità di intenti. Finché, con la scissione finiana, Italo ha fatto il voltafaccia. Prima però ha cercato di portare Mara dalla sua parte, ma la fanciulla non è caduta nella trappola. Di qui, il suo ripudio che l’intervista oggi in edicola- ma anticipata ieri dalle agenzie - ha suggellato. La reazione della Carfagna non si è fatta attendere e, se mi è consentito, ha un tale sapore di ripicca da confermare a posteriori i vecchi pettegolezzi. Mara ha infatti annunciato in contemporanea che in primavera convolerà a nozze col fidanzato. Da quando Bocchino è il braccio armato di Gianfry Fini, tutti gli amici di un tempo sono finiti sotto schiaffo. Il Cav, negli anni scorsi, era la pupilla dei suoi occhi. Silvio qua, Silvio là. Oggi, è l’amico dei mafiosi, il campione dei carichi pendenti, il tiranno dell’etere. Maurizio Gasparri, dalle cui labbra pendeva, o Ignazio La Russa, di cui era lo scodinzolo, sono rinnegati e traditori. Ne ha per tutti, a costo di smentire se stesso. Prendiamo Augusto Minzolini, il direttore del Tg1. Già quando Augusto era semplice cronista parlamentare gli ha dato notizie di straforo, è stato fonte di aneddoti ed è stato con lui pappa e ciccia. Diventato direttore lo ha elogiato fino a luglio compreso. Se l’opposizione lo attaccava, saltava su Italo a fargli da scudo: «L’opposizione al direttore del Tg1 è inopportuna e volgare. È il tentativo di continuare a condizionare da sinistra l’informazione pubblica» (giugno 2009). Quando nacque la polemica per i commenti di Augusto in video, Bocchino si precipitava con stilettate del tipo: «Editoriale coraggioso e politicamente, storicamente e giuridicamente perfetto». Insomma, un amico e un collega (Italo è, ahinoi, giornalista) d’oro. Passato nella centuria dei finiani (si fa per dire essendo quattro gatti, sia pure chiassosi), ha preso a insolentirlo: «Minzolini deve smetterla di fare un tg così sfacciatamente berlusconiano. Dovrebbe invece porsi il problema delle dimissioni». Nell’intervista su A di benservito alla Carfagna, ha riservato ceffoncelli anche al Minzo. «Sette giorni fa gli ascolti del Tg1 sono scesi del 23 per cento», ha sibilato, facendo capire che è un sorvegliato speciale. Poi, con perfidia, lo ha denigrato nel confronto con altri direttori di tg, auspicando che ne prendano il posto. Mimun? «Quando è stato alla Rai ha garantito il pluralismo. Anche Mauro Mazza (finiano, ndr ) lo ha fatto. E Mario Orfeo (messo alla direzione dal medesimo Bocchino e l’ex sodale, Carfagna, ndr ) lo fa oggi al Tg2». Insomma, della serie: se Bocchino fa il salto della quaglia, deve farlo anche il Minzo. Poi, incontenibile, ha preso di petto anche Mauro Masi, direttore generale Rai: «Posso dire essere suo amico... Ma non può fare il censore per conto terzi». Chiaro riferimento ai problemi di Masi con Miche-le Santoro. E che dovrebbe fare, invece Masi? «Sospendere la trasmissione se non è equilibrata e non garantisce il pluralismo». Appunto. Non è forse il ritratto di Michele? Non per Italo, secondo il quale l’arruffapopolo di Annozero è più affidabile del Minzo solo perché dà corda a lui e zittisce chi lo contesta.

Com’è successo di recente al malcapitato leghista, Roberto Castelli. Bocchino, Bocchino sei davvero un funambolo. Oggi vituperi quelli che incensavi e, ora che ci hai preso la mano, continuerai a capriolare. A meno che l’elettore a marzo non ti fermi. Facendo il tuo bene.

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