Politica

«Cari docenti, potreste lavorare un po’?»

Roba da far precipitare Brunetta dalla poltrona, proprio come accade nell’imitazione del ministro a Crozza Italia.
Questa è infatti la storia di un «capufficio» che scrive ai suoi dipendenti. Più o meno così: «Cari impiegati, siccome siete pagati, dovreste anche venire a lavorare». Occhio all’eleganza di quel condizionale, «dovreste...». Nulla a che fare con la volgarità dell’imperativo «dovete!»; magari con l’aggiunta di un sacrosanto «capito, brutti fannulloni?».
La domanda, purtroppo, non figura nella circolare inviata dal preside della facoltà di Lettere dell’ateneo di Genova, Francesco Surdich, ai suoi professori e rilanciata ieri dal Secolo XIX. La soft-reprimenda non lascia spazio a dubbi quando parla di «assenze non più giustificate dagli organi collegiali» oppure quando sottolinea che «le assenze dalle lezioni e dai ricevimenti superiori alle cinque giornate andranno segnalate e giustificate presso la Presidenza».
Un «richiamo all’ordine», dai toni surreali: «Desidero richiamare l’obbligo di partecipare alle sedute di laurea per tutta la loro durata arrivando quindi puntuali e non allontanandosi prima della loro conclusione».
E poi: «Ho già dato indicazioni alle responsabili della compilazione del calendario di segnalarmi chi dovesse esagerare nella non disponibilità per poter verificare personalmente i motivi addotti a giustificazione».
Avete letto bene: il preside chiederà i nomi solo degli assenteisti impenitenti (quelli cioè «che dovessero esagerare nella non disponibilità»); come dire che gli assenteisti saltuari potranno invece continuare a fare i loro comodi. Incredibile ma vero: il professor Surdich, tra le sue raccomandazioni, è costretto a inserire anche quella di «tenere regolarmente lezione» e soprattutto, «non farsi sostituire da persone non autorizzate».
Un giochetto, quest’ultimo, che all’Università di Genova sarebbe abbastanza frequente; con l’incredibile risultato che in cattedra, al posto dei veri prof, ci andrebbero dei prof taroccati, che nel curriculum professionale possono solo vantare la «benedizione» di qualche barone.
Immaginate se la stessa cosa accadesse in sala operatoria, con un amico del primario fornito di bisturi pronto a intervenire in sua vece. Ma alla facoltà di Lettere di Genova - si dirà - nessuno è mai morto per una lezione «non regolamentare».
Ma fuorilegge, a Genova, sono pure il ricevimento degli studenti e la frequenza della didattica. Così si viene a sapere che le assenze dalle lezioni e dai ricevimenti superiori alle cinque giornate (che, calcolata una frequenza settimanale, fanno quasi un mese e mezzo): ora - si spera - almeno quelle dovranno essere giustificate in presidenza; senza dimenticare che sarebbe anche opportuno segnalare le assenze agli studenti con buon anticipo.
Ma i docenti sono schierati al loro posto almeno nel giorno delle lauree? Pare che nemmeno questo accada sempre, visto che Surdich è costretto a ricordare che in quelle occasioni «sarebbe bene arrivare in orario e non andarsene via prima della fine».
Il preside - tanto per non urtare la suscettibilità di nessuno - conclude augurandosi di «non dover mai intervenire nei confronti di alcun collega. Buon lavoro».


Lavoro: parola grossa.

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