Con riferimento allarticolo Dalla Crimea allIrak: le cause giuste dellItalia (su il Giornale, 11/05/05), noto ricomparire con la primavera il suo prorompente spirito - anche se un po sulla difensiva - italopatriottardo, dottor Granzotto. Come al solito, lei non cita alcun riferimento bibliografico e, a parte la poco edificante storiella unitaristica, persevera nel celebrare il solito rito itaglione (volutamente con la g) tricolorito.
Condivido le perplessità del lettore Corradini relative allinutilità di intraprendere azioni belliche che lo Stato italico - non nazione - non ha mai saputo affrontare (si studi la Storia, dottor Granzotto). Ricordandole che tutto - allora come adesso - si è svolto per italico e solido senso dopportunismo, la pregherei di fare almeno ammenda per tutti quelli che in Crimea vi morirono poiché obbligati da unassurda costrizione alla leva voluta dai Savoia.
Anche per questo - e non solo - non si percepisce alcun senso patriottico per unentità statuale subita (e nel modo peggiore) e oppressiva. Si eviti, dunque, ulteriori figuracce da vicepresidente italopatriottardo ben remunerato.
Augurandole Padania Libera e una benefica Secessione, lei, gentile lettrice, mi ricorda Aristide Manni, lanziano gentiluomo che si batteva per il ritorno alla illuminazione a gas, sostenendo che lelettricità era una «porcheria» (così la definiva) inventata dai fabbricanti di lampadine per vendere il loro prodotto. Ciascuno ha i suoi ideali, chi lilluminazione a gas e chi lEuropa eurolandica: il suo è la Padania libera e indipendente, che male cè? Però non mi venga a dire - a me! - di esibire i «riferimenti bibliografici», le note, quelle che don Benedetto Croce chiamava cacchette di mosche. Scusi la franchezza: se le trovi da lei, le cacchette. Non serve avere una biblioteca, le basta il sussidiario per gli alunni della quinta elementare o anche un Bignamino. La storia, signora mia, può essere e anzi deve essere interpretata, ma i fatti sono fatti. Capisco che da tosta padana lei non giunga a percepire leventuale senso patriottico «per una entità statale subita - nel modo peggiore - e oppressiva», ma scusi tanto, chi ci diede dentro come un matto per raffazzonare quellentità statale? Vado errato, lettrice gentilissima, o la razza padana prima scodinzolò ai piedi di Napoleone tirandogli su perfino un arco trionfale, poi mise in scena le Cinque Giornate con Porta Tosa e tutto il resto, poi il grido di dolore rivolto mica a Odino o a Teutate, ma a Vittorio Emanuele II di Savoia, poi diede larrembaggio alla «Lombardo» e alla «Piemonte» del cavalier Rubattino per contribuire a mettere nel carniere dell«entità statale» anche i picciotti? Ma dico, di dove erano i fratelli Cairoli, di Cuneo? No, erano di Pavia. E Narciso e Pilade Bronzetti erano mantovani, Francesco Nullo di Bergamo, Giuseppe Sirtori di Castelnuovo Brianza, Giuseppe Missori milanese (quanto meno dadozione), Giacomo Medici, milanese anchesso. E tutti «italopatriottardi».
Scampaste la Crimea, questo è vero, ma a Porta Pia perepé perepé perepé: tutti dietro a Lamarmora e a passo di corsa. Non so se per «italico (o padanico, lè istess) senso dellopportunismo» o per passione ideale, ma una volta presa Roma Ladrona vi ci siete sistemati a vostro bellagio. Ora a qualcuno di voi è venuta la fregola di mandare tutto a monte, procedere a una bella secessione e fondare il libero Stato della Padania. Be, gentile lettrice, potevate pensarci prima.
Paolo Granzotto
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