Salvare Venezia. Ancora. Di nuovo. È dai tempi del mio liceo (siamo nella seconda metà del sesto decennio del secolo scorso) che l’imperativo risuona indefettibile alle coscienze degli abitanti del pianeta. Da allora, quando la faccia da upupa incollerita di Indro Montanelli si affacciò dagli schermi in bianco e nero della Tv di Stato - l’unica, ai tempi - richiamandoci all’ordine e inchiodandoci alle nostre responsabilità, anche gli abitanti del basso Madagascar hanno introiettato questa elementare regola della convivenza civile: primo, salvare Venezia! Il resto, a partire da Marghera, può attendere.
L’ultima trovata è quella di far cadere un euro, attraverso un sms indirizzato a un certo numero che verrà adeguatamente pubblicizzato, nel cappello senza fondo proteso alla pubblica benevolenza dal sindaco Massimo Cacciari. Idea fichissima, ha pensato Carla Bruni, première dame di Francia, che si è fatta subito avanti offrendosi come testimonial. Sono sacrifici, si capisce. Scocciature. Ma alla propria coscienza civile non si comanda, come sanno anche Bono degli U2, Sting e Bob Geldof. Sul proscenio mondiale si era affacciata, dicono, anche la torreggiante acconciatura di Ivana Trump. Ma la sua faccia da chihuahua sessantenne, ancorché derubricata dal chirurgo plastico a chihuahua quarantenne,(ma destinata a fare cassetta fra le miliardarie incartapecorite) è stata giudicata non adatta alla mission. Insomma: la storia si ripete. E anche il titolo: accattonaggio continuo, tra cacce al tesoro, impronte delle star del cinema vendute su eBay e grandi dame di San Vincenzo come Elton John, senza che in tutti questi anni si sia visto un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute della Grande Malata.
C’è un grande, fosco mistero che circonda il destino della Serenissima. Il mistero è che dalla sua fondazione, e fino al 1965, Venezia non ha avuto bisogno di nessuno. Certo è invecchiata, le smagliature si son fatte più evidenti, e il carico da undici rappresentato dai milioni di turisti (20, per Cacciari) che ogni anni vanno a strusciarsi fra gli antichi marmi e i vecchi campielli è diventato intollerabile (salvo che per le tasche di ristoratori, gondolieri, meglio rappresentati da un immaginario Condor ingrifato che dal Leone di San Marco) si fa sempre più evidente. Ma nessuna delle fosche previsioni dei catastrofisti di mestiere, che da anni pronosticano l’affondamento della città, e tanti saluti, si è avverata. Venezia, proprio per la sua fragilità, per il suo tessuto urbano fatto di trine e merletti, ha bisogno di manutenzione costante. Nobile, giusto, sacrosanto occuparsene. Ma dai tempi dell’acqua alta del 1966, e della denuncia di Montanelli, «salvare Venezia» è diventato - fatte le debite, lodevoli eccezioni - un grido di dolore, un miserere, un ricatto molesto che ha prodotto più benefici, in termini di immagine, alle celebrità che hanno prestato il loro volto dolente in costosissime campagne pubblicitarie, che alle fondamenta cariate della città.
La lista dei monumenti bisognosi di interventi, grazie al progetto «Sms Venice 2009» è lunga, fa sapere la soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, Renata Codello: dalle Procuratie nuove alle strutture dei Giardini Reali, dalla Chiesa di San Giorgio Maggiore ai Giardini napoleonici di Castello, dalla Chiesa di San Giuseppe al Ponte di Rialto, e via elencando. «Un segnale anche minimo da parte dei 20 milioni che ogni anno visitano Venezia sarebbe estremamente importante», geme Cacciari, preoccupato come tutti dal devastante numero di pellegrini che ogni anno si riversano sulla laguna. Sicché, visto che il Comune biscazziere piange miseria (è il municipio che gestisce il Casinò, e gli incassi diminuiscono) si è pensato di allestire un bel calendario di mostre, appuntamenti, iniziative culturali assortite che culmineranno il 14 luglio con il fragoroso concerto dei Simple Minds in piazza San Marco a Venezia.
Come? Arriveranno decine di migliaia di giovani in sacco a pelo per il concerto? Ma sì, certo. È tutto previsto. Tanto, a settembre parte la prossima campagna. Saremo ancora tutti lì, commossi, immemori, a intonare con Sting, Bono e compagnia cantante il vecchio mambo: save Venice 2010!- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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