Roma Nel centrosinistra il nuovo che avanza sa di naftalina. Dei tredici candidati alle prossime Regionali, dieci masticano di politica da almeno vent’anni. Il mammuth è Emma Bonino, in campo da 34 anni, entrata alla Camera nel 1976, anno del montanelliano «Turatevi il naso e votate Dc»: Italia in bianco e nero, anni di Piombo. Solo due anni dopo il rapimento Moro e campagna diffamatoria contro il capo dello Stato Giovanni Leone costretto alle dimissioni proprio a causa di Emma (che si scusò per le calunnie soltanto vent’anni dopo). Una vera e propria colla nel Palazzo, presente in Parlamento nelle legislature VII, VIII, IX, X, XI, XII, XV, XVI. Ma anche gli altri non scherzano. Il candidato calabrese Agazio Loiero, per esempio, classe 1940, un big tra gli ex (ex Dc, ex Ppi, ex Ccd, ex Udeur, ex Margherita, oggi Pd), diventò consigliere comunale di Catanzaro all’epoca del terremoto dell’Irpinia, della strage di Bologna, della tragedia di Ustica, dell’inizio delle trasmissioni di Canale 5: 1980. Fu onorevole sette anni dopo, governo Goria, frana in Valtellina. Faccia da eterno ragazzino, il ligure Claudio Burlando non scherza affatto, visto che la prima poltrona di consigliere comunale la ottenne quando in piazza San Pietro spararono a Wojtyla: 1981. Poi fu assessore, vicesindaco, sindaco e su su fino a fare il deputato e persino il ministro dei Trasporti nel 1996. Un po’ come l’emiliano Vasco Errani, consigliere comunale di Ravenna nei mesi in cui arrestavano Enzo Tortora (1983) per 12 lunghi anni ma anche assessore alle Attività economiche e poi consigliere regionale nel 1995, assessore al Turismo e presidente della Regione nel 2000. Sarebbe al terzo mandato, troppo, e la sua ridiscesa in campo fu avvolta nelle polemiche. Uno strappo alla regola e via: candidatura assicurata.
E Filippo Penati? Il candidato lombardo è cresciuto a pane e politica nella Stalingrado d’Italia, quella Sesto San Giovanni che lo vide consigliere e poi assessore al Bilancio da quando Mikhail Gorbaciov successe a Cernenko alla guida del Pcus (1985). Poi fu sindaco, presidente della Provincia di Milano e ora aspirante governatore. Immerso nella cosa pubblica dai tempi del sequestro dell’Achille Lauro come la collega piemontese Mercedes Bresso: consigliera regionale dal 1985 al 1995, poi presidente della Provincia di Torino fino al 2004, parlamentare europea e poi governatora. Venticinque anni di politicume anche per il toscano Enrico Rossi, assessore al comune di Pontedera, la città della Piaggio, poi sindaco, consigliere regionale e poi assessore in Regione. I due bebè sono Nichi Vendola (che entrò nella federazione dei giovani comunisti nell’anno del Watergate, 1972, ndr) e Katiuscia Marini, classe 1967, sindaco di Todi nel 1998.
Una bella squadra: un’anticaglia che presa tutta insieme, nella media, acchiappa stipendi pubblici (siano essi diarie da parlamentari, consiglieri, assessori, sindaci, governatori) da ben 24 anni. Moltiplicando candidature e mensilità fanno una pila di oltre 3700 buste paga di nostro denaro. Il prezzo della democrazia che, di fatto, ha contribuito a tenere in vita brandelli della prima Repubblica. L’équipe messa in pista dal centrosinistra è infatti un insulto al tanto invocato e sbandierato ricambio generazionale. Dell’allegra banda dei tredici, sette arrivano dal vecchio Pci (Bresso, Penati, Burlando, Errani, Rossi, De Luca e Vendola), tre dalla defunta Dc (Loiero, Spacca e De Filippo), una dai radicali (Bonino), una dai Ds (Marini) mentre soltanto il veneto Giuseppe Bortolussi ha altra provenienza, avendo guidato l’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre. Ma gli altri sono tutti superstiti del Muro di Berlino, scampati della Guerra fredda, reduci del pre Berlusconi che fanno del Pd la vera forza conservatrice e reazionaria della politica.
Sull’altro fronte, i veterani in politica da prima del crollo del Muro di Berlino sono soltanto Roberto Formigoni, in campo dal 1984 e Stefano Caldoro, in pista dal 1985.
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